📋 Descrizione
📖 Contesto del video e obiettivo dell’articolo
La trascrizione di questo contenuto nasce da una risposta articolata alle posizioni espresse da Mister Rip su Bitcoin, in particolare in un video di reaction al contenuto di Nasca. L’intento non è quello di entrare in una “reaction della reaction”, ma di affrontare punto per punto le affermazioni che riguardano Bitcoin, distinguendolo chiaramente dal vasto mondo delle criptovalute.
Il cuore del ragionamento è semplice: Bitcoin ≠ criptovalute in generale. È un protocollo nato in un contesto completamente diverso, con obiettivi radicalmente differenti e un’architettura tecnica unica, che lo rende qualcosa di più di un semplice “asset speculativo”.
💡 Criptovalute, security e l’eccezione Bitcoin
Nel video si parte da un’affermazione condivisibile: “le criptovalute non sono valute”. In molti casi, infatti, la maggior parte delle crypto è assimilabile a security, più vicine a strumenti finanziari speculativi che a vere valute:
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Molti utility token sono, in pratica, camouflage per mascherare una security dietro una presunta utilità, spesso dubbia.
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La narrativa “cripto = valuta” è fuorviante e utile soprattutto a livello di marketing.
Il problema emerge quando Bitcoin viene messo nello stesso calderone. Sebbene abbia ispirato l’intero settore, Bitcoin:
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Non nasce come una “altcoin qualsiasi”.
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È il risultato finale di decenni di tentativi falliti di creare denaro digitale decentralizzato.
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Ha obiettivi, modello di sicurezza e filosofia diversi rispetto alla gran parte dei progetti cripto successivi.
Parlare genericamente di “criptovalute” e poi applicare le stesse critiche a Bitcoin significa ignorare proprio ciò che lo rende unico: la sua architettura decentralizzata, il consenso proof of work e la funzione di standard monetario, non di “token di progetto”.
🔑 Centralizzazione del denaro e repressione finanziaria
Uno dei passaggi discussi è la domanda: “Chi di voi si è trovato con la BCE che gli bloccava i soldi?”. Il sottotesto è: per il cittadino medio, il problema non si vede, quindi non esiste.
In realtà, la questione non riguarda soltanto l’esperienza personale del singolo, ma l’uso del sistema finanziario centralizzato come strumento di controllo e repressione. Alcuni esempi citati:
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Julian Assange e il blocco delle donazioni.
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Freedom Convoy in Canada, con conti congelati a chi sosteneva le proteste.
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Oppositori politici come Navalny in Russia.
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Afghanistan dopo l’arrivo dei talebani e chiusura dei conti.
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Paesi africani o come la Nigeria, dove il controllo finanziario è spesso usato come leva politica.
Per il cittadino europeo “medio” è facile pensare che siano temi lontani. Ma il punto di Bitcoin è proprio questo: ridurre al minimo la possibilità che qualcuno usi il denaro come arma, a prescindere da dove ci si trovi nel mondo.
⚡ Bitcoin non nasce per “inventare” i pagamenti digitali
Un altro argomento: “I pagamenti sono già istantanei con Revolut, PayPal, ecc. Perché servirebbe Bitcoin?”.
È corretto dire che Bitcoin non nasce per “sbloccare” la possibilità di inviare denaro digitale. Questa funzione esisteva già. Il suo scopo è diverso:
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Mantenere i pagamenti digitali, ma senza intermediari che possano censurare o bloccare transazioni.
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Fornire un mezzo di scambio e riserva di valore non manipolabile politicamente tramite stampa illimitata di moneta.
L’analogia proposta è quella dell’auto elettrica:
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Non è nata perché “prima non ci si poteva spostare”, ma per cambiare le caratteristiche dello spostamento (emissioni, consumi, ecc.).
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Allo stesso modo, Bitcoin non rende “possibile” per la prima volta l’invio di denaro, ma ne cambia radicalmente le regole del gioco (proprietà, censurabilità, offerta monetaria).
🧩 Centralizzazione: comodità o rischio?
Mister Rip dichiara apertamente di preferire la centralizzazione, perché offre:
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Recupero in caso di errori (PIN perso, account compromesso, ecc.).
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Supporto da parte di enti e aziende (numero da chiamare, helpdesk, rimborsi).
Tutto vero: la centralizzazione offre comodità. Ma il punto critico non è la comodità in sé, bensì il trade-off fra comodità e potere di controllo:
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Più potere ha un ente centralizzato, più è facile che questo potere venga abusato, soprattutto in contesti autoritari.
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Fin dove è lecito spingersi nel controllo? Telecamere ovunque in casa per dimostrare di non essere criminali? Dove si traccia la linea?
La decentralizzazione è scomoda: implica responsabilità personale totale (chiavi, backup, gestione del proprio denaro). Ma significa anche:
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Nessun intermediario che possa congelare, censurare o revocare l’accesso ai fondi.
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Possibilità di preservare diritti fondamentali anche quando le istituzioni non sono benevole.
🛠️ Bitcoin è davvero un’oligarchia?
Un’accusa ricorrente è che Bitcoin sarebbe, di fatto, una oligarchia, controllata da pochi grandi miner o poche mining pool.
Per affrontare questo punto, è fondamentale distinguere tra:
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Nodi: sono i software che eseguono il protocollo, verificano le regole e decidono “che cos’è” Bitcoin.
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Miner: competono per proporre nuovi blocchi alla rete, ricevendo in cambio una ricompensa (reward + commissioni).
Aspetti chiave:
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Bitcoin è una delle reti più distribuite al mondo, con decine di migliaia di nodi sparsi globalmente.
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I miner non decidono le regole del protocollo. Possono solo proporre blocchi che rispettino le regole accettate dai nodi. Se violano le regole, i loro blocchi vengono scartati.
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Anche se pochi soggetti concentrassero gran parte dell’hashrate, non potrebbero:
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Rubare fondi di altri utenti.
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Spendere bitcoin che non possiedono.
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Modificare unilateralmente la politica monetaria.
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L’unica cosa di cui si può discutere è una centralizzazione economica del mining (alcune pool più grandi di altre). Ma:
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Le mining pool servono principalmente a stabilizzare le entrate dei miner, non a “comandare” Bitcoin.
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Sono in sviluppo implementazioni come Stratum V2, che permettono ai singoli miner di decidere autonomamente il contenuto del blocco, riducendo ulteriormente il potere centralizzato delle pool.
📊 Stampa di moneta, pandemia ed effetto Cantillon
Un altro punto: “Senza stampa di moneta durante la pandemia sarebbe fallito tutto”. Il ragionamento è: il mondo si è fermato, servivano stimoli fiscali per evitare collassi sociali.
Questo ha due grandi problemi.
1. Effetto Cantillon
L’effetto Cantillon descrive come la nuova moneta immessa nel sistema non colpisca tutti allo stesso modo:
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I primi a riceverla (banche, grandi aziende, istituzioni) la spendono quando i prezzi sono ancora bassi.
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Man mano che la nuova liquidità si diffonde, i prezzi iniziano ad aumentare.
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Le persone che ricevono il denaro per ultime (cittadini comuni, piccoli imprenditori) se lo vedono arrivare in un contesto in cui i prezzi sono già aumentati: l’“aiuto” vale molto meno.
In pratica, la stampa di moneta aumenta le disuguaglianze, favorendo chi è vicino alla “fonte” della creazione monetaria.
2. Azzeramento dell’incentivo alla prudenza
Se ogni crisi viene affrontata con “iniezioni di liquidità” e salvataggi a catena:
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Le banche e le grandi istituzioni sanno che verranno salvate (“too big to fail”).
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Si crea un sistema finanziario drogato da stimoli artificiali, incapace di reggere senza interventi esterni.
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I rami “marci” non vengono mai tagliati: vengono soltanto bendati, rimandando problemi ancora più grandi al futuro.
La metafora usata è quella della persona drogata: per alleviare l’astinenza, si dà un’altra dose. Nel breve sembra aiutare, nel lungo termine peggiora la dipendenza.
🧠 Un’economia basata su una moneta finita può funzionare?
Si sostiene che un’economia basata su una moneta finita (come Bitcoin) non possa funzionare, perché limiterebbe crescita, credito e sviluppo.
Alcuni punti chiave:
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Un’economia basata su Bitcoin sarebbe molto diversa da quella attuale: meno debito, più prudenza negli investimenti.
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La crescita probabilmente sarebbe più lenta, ma potenzialmente più sostenibile, con meno bolle speculative alimentate da credito facile.
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La storia ha già conosciuto forme di gold standard, cioè monete fiat ancorate a una riserva scarsa (oro). L’idea di usare Bitcoin come “oro digitale” non è quindi un concetto alieno.
Bitcoin potrebbe fungere da ancora di valore, un “gold standard 2.0” su cui eventualmente costruire livelli superiori di credito e strumenti finanziari, ma con limiti molto più rigidi rispetto alla stampa illimitata attuale.
📬 “Non ho Bitcoin, come faccio a comprare azioni Apple?”
Altro dubbio: in un mondo dove Bitcoin è moneta standard, chi non ne possiede come fa a comprare beni, servizi o asset come azioni Apple?
La risposta è strutturale:
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Se Bitcoin diventa standard, le persone lo otterranno come oggi ottengono valuta: lavorando e venendo pagate in Bitcoin.
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Chi detiene altre valute tenderà a scambiarle per Bitcoin, se vede che la propria moneta perde valore continuamente.
Rimane vero che chi entra prima nel sistema e ne capisce il valore potrà accumulare di più. Ma Bitcoin non nasce per eliminare le disuguaglianze; semmai può:
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Ridurre alcuni meccanismi che le aggravano (come l’effetto Cantillon).
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Offrire ai paesi più poveri (es. El Salvador, alcune comunità locali) uno strumento alternativo rispetto a valute nazionali deboli e iperinflazionate.
⚡ “Bitcoin regge solo 4–7 transazioni al secondo”: il ruolo dei layer
È spesso ripetuto che Bitcoin regga solo pochissime transazioni al secondo, molto meno dei circuiti come Visa o Mastercard.
Sul layer base (la blockchain principale) è vero che la capacità è limitata (ordine di grandezza: 7 tps). Ma questa è una scelta progettuale e serve a mantenere:
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Decentralizzazione: chiunque, con risorse modeste, deve poter far girare un nodo completo.
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Sicurezza: blocchi troppo grandi e troppo frequenti richiederebbero infrastrutture sempre più costose, centralizzando i nodi.
Esattamente come Internet non è fermo al protocollo IPv4 degli anni ’80, Bitcoin non si ferma al layer base. Su di esso sono stati costruiti layer successivi, il più famoso dei quali è il Lightning Network ⚡:
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Permette transazioni istantanee e con commissioni estremamente basse (anche frazioni di centesimo).
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È pensato per gestire milioni di transazioni al secondo in prospettiva, superando largamente i circuiti legacy.
Il layer base viene così utilizzato sempre più come livello di regolamento finale (settlement), mentre i pagamenti quotidiani si spostano sui layer superiori, più efficienti.
🛒 Bitcoin è (o non è) un payment token?
Si afferma che Bitcoin non sia un vero payment token perché “non ci si possono comprare cose tutti i giorni”.
In realtà, la situazione è molto più sfumata:
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In città come Lugano è già possibile pagare tasse, servizi, beni di consumo, parcheggi, prodotti vari in Bitcoin.
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In alcune aree del mondo (es. iniziative in Costa Rica o in comunità “Bitcoin-only”) persone vivono già utilizzando quasi esclusivamente Bitcoin nella vita quotidiana.
Il fatto che in un determinato contesto personale non si usi Bitcoin per i pagamenti non significa che non sia un payment token. Significa semplicemente che:
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L’adozione è ancora parziale e geografica.
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Molti lo usano più come riserva di valore che come mezzo di scambio quotidiano (specialmente in paesi relativamente stabili).
⛏️ Reward dei miner, fee e sostenibilità del network
Un dubbio ricorrente riguarda ciò che accadrà quando le ricompense per blocco (block reward) diventeranno molto basse: i miner oggi “campano” su reward + commissioni (fee). Domani?
Elementi fondamentali:
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Già oggi esistono blocchi in cui le commissioni totali superano la ricompensa fissa del blocco.
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La difficoltà di mining si autoregola: se molti miner spengono le macchine perché non è più profittevole, dopo un certo numero di blocchi la difficoltà si abbassa, riportando il sistema verso un nuovo equilibrio.
In prospettiva di lungo termine:
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Il ruolo delle fee sarà sempre più centrale per sostenere il network.
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Si userà sempre meno il layer base per micro-transazioni: questo rimarrà un “livello premium” di sicurezza e finalità.
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I layer superiori consentiranno di aggregare milioni di transazioni in poche transazioni on-chain, distribuendo il costo tra tanti utenti.
La dinamica economica è governata da incentivi e teoria dei giochi: miner e utenti tendono a cercare e trovare un equilibrio fra:
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Costo energetico e hardware dei miner.
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Valore di Bitcoin e volume di transazioni.
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Livello desiderato di sicurezza (on-chain) rispetto a quello di velocità/spesa (off-chain).
🌐 “Scrivere on-chain sarà come usare il terminale”: il futuro dei layer
È probabile che, col tempo, la maggior parte degli utenti non interagirà più direttamente col layer base, così come oggi pochissimi usano direttamente il terminale per ogni azione al computer.
Scenario atteso:
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Transazioni quotidiane (caffè, piccoli acquisti, micropagamenti) effettuate su layer come Lightning, con conferme istantanee.
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Transazioni “importanti” (grandi somme, settlement tra istituzioni) effettuate on-chain, assumendone il costo più alto per ottenere la massima sicurezza.
Oggi Lightning richiede comunque aperture e chiusure di canali on-chain, ma l’evoluzione va verso:
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Maggiore autonomia dei layer superiori.
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Minore necessità di interagire spesso con il layer base per l’utente medio.
⚔️ Proof of Stake vs Proof of Work: impatto, sicurezza e centralizzazione
Un altro punto: la Proof of Stake (PoS) viene presentata come “meno dannosa per l’universo” e più efficiente rispetto alla Proof of Work (PoW) di Bitcoin.
Aspetti critici da considerare:
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La PoS non è un’innovazione successiva nata per sostituire PoW: era stata già proposta prima di Bitcoin, ma è stata scartata perché tendeva alla centralizzazione del potere.
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In PoS, chi possiede più token ha più probabilità di validare blocchi e ottenere ricompense, diventando ancora più grande. Questo crea un ciclo che concentra il controllo sulla rete.
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L’idea di “slashing” (perdita dei fondi messi in stake in caso di comportamenti malevoli) crea sì una forma di skin in the game, ma sempre all’interno del token stesso e del sistema di potere che lo gestisce.
Con Bitcoin e PoW:
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La skin in the game non è solo nel token, ma nell’investimento reale: hardware, energia, infrastrutture, contratti energetici.
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Un attacco al 51% richiederebbe quantità enormi di hardware e energia, difficilmente concentrabili nelle mani di un singolo soggetto.
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Anche nel caso (estremo) di coalizione di grandi potenze, l’attacco dovrebbe essere continuativo nel tempo, con costi giganteschi pagati in valuta fiat, per provare a riscrivere blocchi recenti.
Inoltre, rompendone la sicurezza, si distruggerebbe anche il valore di Bitcoin, rendendo inutili gli stessi ASIC specializzati e bruciando investimenti miliardari.
In sintesi: la Proof of Work non è perfetta, ma rappresenta ad oggi il meccanismo più collaudato per garantire:
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Neutralità (nessun ente centrale).
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Resistenza alla censura.
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Difficoltà di attacco crescente con l’aumentare della rete.
💣 Bitcoin, tasse, mercato nero e criminalità
Altro passaggio: Bitcoin verrebbe usato principalmente per evasione fiscale, scommesse, acquisto di beni illegali sul mercato nero.
È importante distinguere tra:
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Possibilità tecnica di usare un mezzo di pagamento per attività illegali.
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Monopolio di fatto di quel mezzo per tali attività.
Prima di Bitcoin:
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Droga, armi, corruzione, contrabbando, riciclaggio esistevano già da decenni.
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Sono sempre stati gestiti con valuta fiat, contanti, sistemi bancari ombra, paradisi fiscali.
Bitcoin aggiunge un elemento interessante:
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È possibile progettare sistemi trasparenti in cui:
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Le operazioni di governi e istituzioni siano visibili in tempo reale.
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I cittadini possano verificare come vengono spesi i fondi pubblici.
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La blockchain di Bitcoin è pubblica per definizione: la trasparenza può essere scelta come caratteristica di sistema.
Con la valuta fiat, accade esattamente il contrario:
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Chi gestisce il sistema vede tutto ciò che fanno i cittadini.
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I cittadini, invece, non vedono come vengono gestiti i propri soldi a livello statale.
Bitcoin può essere usato in modo privato, certo, ma:
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Non è necessario per fare mercato nero; questo esisteva e prosperava già con il solo contante.
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Offre anche strumenti per una trasparenza senza precedenti, se si vuole implementarla.
🔥 Mining da cameretta e uso domestico
Sul punto “non si può più fare mining da cameretta”, non c’è molto da aggiungere: è vero.
Oggi il mining:
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È un’industria altamente specializzata, con margini ridotti e grande competizione internazionale.
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Richiede accesso a energia a basso costo e hardware specifico (ASIC), difficilmente sfruttabile con profitto a livello domestico.
L’unico senso del mining “casalingo” oggi può essere:
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Sfruttare energia altrimenti sprecata (es. eccessi da fotovoltaico).
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Utilizzare il calore prodotto per riscaldare ambienti o acqua.
Ma come “business puro” domestico, nelle condizioni energetiche di molti paesi, è effettivamente non competitivo.
📺 Narrativa speculativa e divulgazione su Bitcoin
Un’ultima critica riguarda gli “shillatori” di Bitcoin, cioè chi promuoverebbe l’acquisto in modo aggressivo, puntando solo sulla speculazione e sui guadagni rapidi.
Nel panorama italiano e internazionale esiste, indubbiamente, una narrazione tossica legata a:
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“Compra adesso, ti farai ricco”.
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Prezzi, target, FOMO, bull run, ecc.
Tuttavia, una parte consistente della comunità Bitcoin si concentra su aspetti non speculativi:
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Funzionamento tecnico del protocollo.
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Implicazioni sociali e politiche (censura, diritti, inclusione finanziaria).
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Educazione su sicurezza, custodia, privacy.
Esempi sono format divulgativi strutturati in più puntate, come la serie “Esploriamo Bitcoin” realizzata in TV con la partecipazione di esperti italiani, che trattano Bitcoin come:
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Protocollo monetario.
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Rivoluzione tecnologica e culturale.
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Strumento contro la censura finanziaria.
Ridurre Bitcoin alla sola dimensione di “asset speculativo” significa perdere di vista la parte più interessante di ciò che rappresenta.
👉 In sintesi:
Bitcoin viene spesso criticato partendo da una conflazione con il resto del mondo “crypto” e da un punto di vista limitato al nostro “orticello occidentale”. Guardandolo più da vicino, emergono alcuni elementi fondamentali:
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Bitcoin non è una “criptovaluta qualsiasi”: è un protocollo monetario con regole di consenso, storia e obiettivi unici.
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La centralizzazione è comoda, ma porta con sé il rischio strutturale di abuso di potere e repressione finanziaria.
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Bitcoin non è nato per “inventare i pagamenti digitali”, ma per renderli non censurabili e basati su una moneta a offerta finita.
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Il limite di transazioni del layer base non è un bug, ma una scelta per preservare decentralizzazione e sicurezza. I volumi reali vengono gestiti sui layer superiori (Lightning ⚡).
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I miner non governano Bitcoin: propongono blocchi, ma le regole sono stabilite dai nodi della rete.
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Proof of Work implica costi reali e difficoltà concrete di attacco, mentre molte forme di Proof of Stake tendono nella pratica alla centralizzazione.
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Bitcoin può essere usato per fini illeciti, esattamente come il contante; ma, al contrario del contante, consente anche una trasparenza radicale se progettata a livello di sistema.
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Le narrazioni esclusivamente speculative su Bitcoin esistono, ma non rappresentano la totalità del movimento né il cuore del progetto.
Bitcoin è prima di tutto un cambio di paradigma su chi controlla il denaro e su come viene gestita la fiducia. Limitarsi a guardarlo come un grafico di prezzo o un semplice “token” significa perderne il senso più profondo 🧠.