📖 Introduzione: Bitcoin non è “come le altre cripto”
Nel dibattito sulle criptovalute, Bitcoin viene spesso confrontato con le altre chain: è lento, consuma tanta energia, innova poco, ha blocchi piccoli. Questo confronto, però, parte da un presupposto sbagliato: Bitcoin non sta provando a fare le stesse cose delle altre criptovalute. Il suo obiettivo è diverso, più profondo e – per molti versi – unico.
Invece di essere una piattaforma generalista per giochi, NFT o applicazioni complesse, Bitcoin nasce per essere uno strumento di libertà economica, inclusione finanziaria e resistenza alla censura. Alcuni di quelli che sembrano difetti (lentezza, scarsa “flessibilità”, consumo energetico) sono in realtà feature volute, necessari per garantire sicurezza, decentralizzazione, robustezza e incensurabilità.
Per capire perché Bitcoin è diverso, è utile suddividere il discorso in tre grandi aree:
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Inclusione finanziaria globale 🌍
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Incensurabilità e resistenza al controllo politico 🔒
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Consumo energetico come motore per la transizione energetica 🟩
💡 1. Inclusione finanziaria: perché Bitcoin “vuole” essere lento e leggero
Nel mondo esistono circa 1,5 miliardi di persone completamente escluse dal sistema bancario. Se si considerano anche coloro che hanno accesso solo a servizi minimi, si arriva a 2–2,5 miliardi di individui. Su una popolazione di circa 5 miliardi di adulti, ciò significa approssimativamente la metà del pianeta.
Essere “unbanked” non significa solo non avere un conto corrente. Vuol dire:
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Niente carte, niente pagamenti online, niente abbonamenti digitali (Spotify, Netflix, servizi cloud…)
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Impossibilità di ricevere bonifici, fare prestiti, mutui o finanziamenti
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Esclusione di fatto dalla vita economica e spesso anche sociale
Queste situazioni si concentrano in aree come America Latina, Africa, India, Sud-est asiatico. Eppure, quasi ovunque c’è uno smartphone in tasca: il pezzo mancante è un’infrastruttura finanziaria aperta, accessibile, neutrale.
🛠️ Bitcoin come infrastruttura minima globale
Bitcoin mira proprio a questo: consentire a chiunque, ovunque, di accedere a un sistema di trasferimento di valore senza permessi. Per riuscirci, deve soddisfare alcuni requisiti fondamentali:
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Nodi poco esigenti: deve essere possibile far girare un nodo completo anche su hardware economico o datato.
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Blockchain “leggera”: blocchi piccoli implicano minori requisiti di banda e storage nel lungo periodo.
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Protocollo stabile: poche modifiche, lente e conservative, per non rompere compatibilità e fiducia.
È questo il motivo per cui Bitcoin sembra “lento” e “poco
innovativo” se confrontato con blockchain pensate per massimizzare prestazioni o funzionalità. La priorità di Bitcoin non è fare tutto, ma fare una cosa sola in modo estremamente robusto: essere un sistema monetario neutrale e resistente.
📬 Esempio pratico: usare Bitcoin via SMS
Per comprendere fino a che punto arrivi la logica dell’accessibilità, esistono già soluzioni che permettono di inviare e ricevere Bitcoin tramite SMS. In alcune aree rurali africane la connettività internet è scarsa, ma la rete GSM è presente: un sistema di questo tipo permette a persone senza smartphone moderni o senza connessione stabile di:
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Usare Bitcoin come strumento di pagamento
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Ricevere rimesse dall’estero
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Interagire con l’economia globale senza conto bancario
Questa possibilità esiste solo perché il protocollo Bitcoin è progettato per funzionare su hardware modesto e requisiti minimi. Se l’obiettivo fosse soltanto “alte performance” o smart contract complessi, questo tipo di accesso sarebbe impossibile.
⚡ 1.1. Bitcoin e rimesse: abbattere costi e intermediazioni
Milioni di persone lasciano il proprio paese per lavorare in stati più ricchi e inviare denaro a casa. Questo flusso di soldi si chiama remittance (rimesse). Il problema è che i servizi tradizionali di money transfer possono costare in media dal 15% al 30% dell’importo inviato.
Esempio concreto:
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Si vogliono inviare 1.000 € alla famiglia in un villaggio africano.
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La commissione complessiva può variare tra 150 € e 300 €.
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La famiglia riceve molto meno valore di quello che il lavoratore ha guadagnato.
Inoltre, chi riceve spesso non ha un conto bancario: ha bisogno di contanti, con ulteriori rischi e complessità.
🧠 Bitcoin + Strike: usare il protocollo senza subire la volatilità
Uno dei principali ostacoli all’uso di Bitcoin come infrastruttura per le rimesse è la volatilità del prezzo. La soluzione proposta da servizi come Strike è trattare Bitcoin non solo come “moneta”, ma innanzitutto come protocollo di trasferimento di valore:
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Nel paese A si paga in valuta locale (es. euro o dollari).
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L’importo viene convertito istantaneamente in Bitcoin.
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I Bitcoin viaggiano sulla rete in pochi secondi, quasi senza costi e senza permessi.
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Nel paese B, all’arrivo, vengono riconvertiti immediatamente in valuta locale.
In questo modo si sfrutta la rete Bitcoin per ciò che fa meglio (trasferire valore in modo aperto, globale, incensurabile) senza esporsi alla volatilità. Il risultato è un sistema di rimesse:
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Più economico
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Più rapido
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Non bloccabile da banche o governi
🔑 1.2. Inclusione e indipendenza: il caso di “Mama Bitcoin”
L’inclusione finanziaria non riguarda solo chi è povero o geograficamente isolato, ma anche chi è escluso per motivi culturali o politici. Un esempio emblematico è quello di “Mama Bitcoin”, una donna senegalese che desiderava aprire una panetteria.
Pur vivendo in un contesto in cui, teoricamente, esiste un sistema bancario, le è stato negato l’accesso a un conto semplicemente perché donna. Nessuna possibilità di finanziarsi, aprire un’attività, gestire in autonomia il proprio denaro.
Scoprendo Bitcoin, ha potuto:
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Ricevere pagamenti senza permesso di banche o autorità locali.
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Gestire i propri risparmi in modo sovrano, tramite un wallet.
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Aiutare altre donne a fare lo stesso, diventando un simbolo di emancipazione.
Questo mette in luce un punto centrale: Bitcoin è uno strumento che dà potere ai singoli, anche (e soprattutto) quando il sistema tradizionale decide di escluderli.
🔒 2. Incensurabilità: quando nessuno può “chiudere il rubinetto”
La seconda grande caratteristica di Bitcoin è la sua resistenza alla censura. In molti scenari reali, il modo più efficace per spegnere un movimento, una protesta o un’opposizione politica è tagliarne il sostegno economico:
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Chiudere i conti bancari
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Bloccare bonifici e donazioni
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Congelare patrimoni o linee di credito
Bitcoin, invece, è progettato come rete distribuita e decentralizzata con l’obiettivo esplicito di rendere impossibile, per qualunque governo o autorità, bloccare transazioni o sequestrare fondi sulla rete, se non intervenendo su punti centralizzati (exchange, banche, fornitori di servizio).
📛 2.1. Nigeria: proteste, CBDC e premio del 60% su Bitcoin
In Nigeria, un’unità speciale di polizia chiamata SARS è stata accusata di abusi gravissimi: omicidi, stupri, estorsioni, rapimenti, traffico di organi. Le proteste di massa contro questa unità hanno portato alla nascita di movimenti organizzati come la Feminist Coalition, che raccoglieva fondi per sostenere i manifestanti.
Reazione del governo:
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Chiusura dei conti bancari dei movimenti
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Blocco e censura delle donazioni tramite canali tradizionali
La soluzione trovata è stata l’uso di Bitcoin. Le donazioni via Bitcoin:
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Non potevano essere bloccate dal governo
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Non potevano essere sequestrate on-chain
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Erano trasparenti e verificabili pubblicamente
Risultato: lo stato nigeriano non è riuscito a sequestrare neanche 1 satoshi di quei
fondi custoditi correttamente on-chain.
In seguito, la Nigeria ha introdotto la propria CBDC (Central Bank Digital Currency), la Naira digitale. Nonostante incentivi e bonus, la popolazione l’ha largamente rifiutata, intuendone il potenziale di controllo totale:
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Lo stato ha allora limitato il contante e i prelievi bancari.
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Molti si sono rivolti a Bitcoin, al punto che in certi periodi veniva scambiato con un premio fino al 60% rispetto al prezzo globale.
Pagare un 60% in più per Bitcoin significa riconoscerlo come mezzo di uscita da un sistema monetario ostile.
⚠️ 2.2. Afghanistan: risparmi sequestrati e fuga verso Bitcoin
Dopo il ritiro delle forze occidentali e la presa di Kabul da parte dei talebani, l’Afghanistan ha vissuto un collasso improvviso del sistema finanziario:
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Conti bloccati, limiti ai prelievi, sistema bancario paralizzato.
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In più, circa 7 miliardi di dollari depositati dalle banche afghane presso istituzioni statunitensi sono stati sequestrati unilateralmente.
Non si tratta di fondi di “terroristi”, ma di risparmi delle famiglie afghane, accumulati in anni di lavoro. Di colpo, azzerati.
In questo contesto, l’Afghanistan è entrato nella lista dei paesi con maggiore utilizzo di cripto per transazioni personali. E, quando si parla di trasferimento di valore in condizioni estreme, Bitcoin è la componente dominante.
Il dato più significativo: quanti Bitcoin i talebani sono riusciti a sequestrare ai cittadini? Di fatto, zero, a meno di possesso tramite intermediari centralizzati. Chi deteneva Bitcoin in modo corretto (chiavi private proprie) ha mantenuto il proprio patrimonio, nonostante
il cambio di regime.
🧩 2.3. Russia, Navalny e il finanziamento dell’opposizione
In Russia, il principale oppositore politico di Vladimir Putin, Aleksej Navalny, e la sua organizzazione (FBK) sono stati classificati come “terroristi” dal regime.
Questo ha comportato:
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Sequestro dei conti bancari
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Blocco delle donazioni tramite canali finanziari tradizionali
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Persecuzione di chiunque collaborasse economicamente con la sua rete
Nonostante questo, l’organizzazione è riuscita a continuare a ricevere fondi grazie a un wallet Bitcoin pubblico. Su quell’indirizzo sono passati centinaia di BTC (oltre 700 in totale nel tempo).
Anche in questo caso, la domanda cruciale è: quanti Bitcoin è riuscito a sequestrare il governo russo direttamente sulla rete? Ancora una volta, zero, se custoditi autonomamente e non passati attraverso exchange controllabili.
🎯 2.4. Ucraina: donazioni globali e fuga con 12 parole
Con l’invasione russa, l’Ucraina si è ritrovata improvvisamente in stato di guerra. Per finanziare la difesa, il sostegno umanitario e varie iniziative, lo stato ucraino ha accettato donazioni in Bitcoin su indirizzi pubblici ufficiali.
Questo ha permesso di:
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Ricevere fondi da tutto il mondo, istantaneamente e senza intermediari.
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Rendere pubblico e verificabile quanto veniva raccolto.
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Consentire donazioni anche da cittadini di paesi “sensibili”, che potevano essere ostacolati dal proprio sistema bancario se si fosse trattato di bonifici tradizionali.
Ancora più significativo è il caso delle famiglie che sono riuscite a
fuggire oltre confine portando con sé il proprio patrimonio in Bitcoin. In situazioni di emergenza:
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La banca può bloccare prelievi e bonifici.
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Non è possibile portar via grandi somme in contanti senza rischi.
Chi deteneva Bitcoin con le proprie chiavi private ha potuto:
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Memorizzare o annotare 12 o 24 parole (seed di backup).
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Attraversare il confine senza alcun bene apparente di valore.
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Riaccedere ai propri fondi in un altro paese, con un semplice wallet.
Nessuna guardia di frontiera può sequestrare parole ricordate a mente. È una forma di proprietà portatile che non ha precedenti storici.
🚚 2.5. Canada: camionisti, crowdfunding e limiti degli intermediari
Anche nei cosiddetti “paesi avanzati” l’incensurabilità può diventare un tema cruciale. Durante le proteste dei camionisti in Canada contro le misure restrittive legate al Covid, i manifestanti hanno raccolto milioni di dollari tramite piattaforme di crowdfunding come GoFundMe.
Il governo ha esercitato pressioni sulle piattaforme e sulle istituzioni finanziarie, con il risultato che:
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Le somme raccolte non sono state consegnate ai manifestanti.
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Conti correnti personali sono stati bloccati.
I camionisti hanno allora iniziato a usare Bitcoin per ricevere donazioni. Il governo non poteva tecnicamente sequestrare i fondi custoditi correttamente on-chain; alcuni BTC sono stati persi solo perché:
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Passavano da exchange centralizzati.
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Venivano custoditi da soggetti intermedi, perseguiti legalmente.
Se le donazioni fossero
state gestite peer-to-peer, con chiavi in mano ai destinatari finali, neanche 1 satoshi sarebbe stato sequestrabile. Anche questo episodio dimostra che il punto debole non è la rete Bitcoin, ma i punti di centralizzazione.
🟩 3. Energia e Proof of Work: davvero Bitcoin “inquina e basta”?
Una delle critiche più diffuse a Bitcoin riguarda il suo meccanismo di consenso: la Proof of Work (PoW). Viene spesso accusata di:
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Consumare troppa energia
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“Uccidere i delfini” e peggiorare la crisi climatica
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Essere obsoleta rispetto alla Proof of Stake (PoS)
In realtà, molti dei “vantaggi ecologici” attribuiti a sistemi Proof of Stake ignorano un fatto centrale: Bitcoin, proprio grazie alla PoW, crea una domanda flessibile e globale di energia elettrica che può avere effetti positivi sulla transizione energetica.
La chiave è comprendere che il mining:
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Può essere svolto ovunque nel mondo, dove l’energia è più economica.
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Si accende e spegne rapidamente in funzione dei costi e della disponibilità.
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Permette di monetizzare energia altrimenti sprecata o sottoutilizzata.
In altre parole, Bitcoin può trasformare “rifiuti energetici” in sicurezza di rete, e nello stesso tempo rendere più sostenibili alcuni impianti green. Di seguito alcuni casi concreti.
🌊 3.1. Kenya: riaccendere una centrale idroelettrica con il mining
In un villaggio del Kenya, esisteva una centrale idroelettrica che, pur potendo produrre energia pulita, risultava antieconomica:
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Troppi pochi utenti locali per giustificarne il costo.
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Prezzo della corrente che sarebbe dovuto essere altissimo per coprire l’investimento.
Un progetto (come Gridless) ha proposto una soluzione semplice ma potente:
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Riattivare la
centrale idroelettrica.
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Vendere energia a basso costo alle famiglie del villaggio.
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Usare l’energia in eccesso per minare Bitcoin, garantendo un’entrata stabile per sostenere l’impianto.
Risultato:
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Corrente più economica e pulita per la popolazione locale.
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Utilizzo efficiente di un’infrastruttura rinnovabile che altrimenti resterebbe ferma.
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Supporto al network Bitcoin con energia 100% green.
🌳 3.2. Congo: il Parco Virunga e il mining che salva la fauna
Nel Parco nazionale del Virunga, in Congo, la pandemia ha ridotto drasticamente il turismo, compromettendo le entrate necessarie per:
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Proteggere animali e habitat (gorilla, elefanti, fauna locale).
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Pagare ranger e personale addetto alla sicurezza contro il bracconaggio.
Anche qui, la presenza di cascate e potenziale idroelettrico ha permesso di avviare un progetto di mining Bitcoin sfruttando energia rinnovabile. L’impianto:
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Monetizza l’energia prodotta in eccesso.
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Genera entrate anche in assenza di turisti.
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Supporta la conservazione del parco e della fauna selvatica.
Paradossalmente, la stessa attività accusata di “danneggiare l’ambiente” contribuisce, in questo caso, a proteggere ecosistemi fragili.
🌋 3.3. El Salvador: geotermia e “miner di Stato”
El Salvador è uno dei primi paesi al mondo ad aver reso Bitcoin moneta a corso legale. Nel contesto di questa scelta, ha avviato un progetto di mining alimentato da energia geotermica,
sfruttando il calore vulcanico.
Caratteristiche del progetto:
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Energia rinnovabile, costante e locale.
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Possibilità di ampliare la centrale oltre la domanda attuale dei cittadini.
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Uso del mining come “acquirente di ultima istanza” dell’energia in surplus.
In assenza del mining, non avrebbe senso economico costruire centrali molto sovradimensionate rispetto alla domanda esistente. Con il mining invece:
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Si può investire in capacità produttiva fin da subito.
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La quota non usata dalla popolazione viene monetizzata tramite Bitcoin.
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La crescita futura dei consumi trova già infrastrutture pronte e sostenibili.
🌐 3.4. Hawaii: una tecnologia del 1880 resa sostenibile da Bitcoin
Fin dal XIX secolo è noto che si può produrre energia sfruttando la differenza di temperatura tra le acque superficiali e profonde degli oceani (tecnologia OTEC). Per oltre 150 anni, però, questa tecnologia è rimasta quasi solo teorica, perché non economicamente sostenibile in assenza di una domanda continua e garantita.
Con Bitcoin:
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È possibile avviare impianti OTEC che producono energia rinnovabile.
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La parte di energia non ancora assorbita da famiglie e industrie locali viene usata per minare Bitcoin.
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Le entrate del mining compensano i costi iniziali e stabilizzano l’investimento.
Il mining diventa quindi un cuscinetto economico che permette a tecnologie green potenzialmente rivoluzionarie di superare la fase iniziale non profittevole.
🔥 3.5. Texas: gas sprecato, blackout evitati
e domanda flessibile
Il Texas è un grande produttore di petrolio. Durante l’estrazione, viene liberato anche gas naturale associato. Spesso:
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Recuperare e vendere quel gas è più costoso che lasciarlo andare.
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Per motivi ambientali, molti operatori lo bruciano in torcia (flaring) per ridurre l’impatto del metano, che inquina da 25 a 50 volte più della CO₂.
Alcune aziende hanno iniziato a:
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Convogliare quel gas in piccoli impianti di generazione elettrica vicino ai pozzi.
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Usare l’energia prodotta per minare Bitcoin.
Benefici:
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Riduzione delle emissioni: si brucia gas in modo più controllato e si utilizza l’energia risultante.
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Monetizzazione di una risorsa altrimenti sprecata.
In parallelo, il Texas ha sperimentato forti sbalzi nella domanda elettrica (estati caldissime, inverni rigidissimi), con rischio di blackout. Qui il mining funge da domanda flessibile:
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In condizioni normali, i miner assorbono l’energia in eccesso e rendono sostenibile la produzione.
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In caso di picchi di domanda (ondate di caldo/freddo), i miner si spengono volontariamente, liberando capacità per fornire energia a famiglie e imprese.
Si crea così un sistema win–win–win–win:
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Vincono i miner, che monetizzano energia a basso costo.
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Vincono i produttori di energia, che possono investire in capacità extra.
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Vincono i cittadini, con meno blackout e infrastrutture più robuste.
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Vince l’ambiente, perché si riducono sprechi e si incentivano