### 📋 Descrizione
📖 Introduzione: PIC vs PAC, chi “vince” davvero?
Nel mondo degli investimenti ricorre spesso un dubbio ricorrente: meglio investire tutto il capitale subito (PIC) oppure procedere con un piano di accumulo periodico (PAC), comprando poco alla volta ogni settimana o ogni mese?
L’intuizione più diffusa è che il PAC sia più “prudente” e “sicuro”, perché permette di mediare il prezzo di carico nel tempo, soprattutto in mercati volatili. Tuttavia, analizzando i dati storici in modo rigoroso, il risultato è sorprendente e va spesso contro l’istinto.
In questo articolo si vedrà, con numeri alla mano, cosa accade realmente quando si confrontano PIC e PAC su diversi mercati (S&P 500, indice italiano, Bitcoin), quali sono le probabilità che uno batta l’altro e dove nasce la fallacia logica che spinge molti a preferire il PAC “per sicurezza”.
🧠 Definizioni di base: cosa sono PIC e PAC?
PIC (Piano di Investimento di Capitale)
Con PIC si intende la scelta di investire tutto il capitale disponibile in un’unica soluzione, in un preciso momento di mercato. Ad esempio:
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Capitale disponibile: 10.000 €.
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Si decide di investire tutti i 10.000 € oggi, a un dato livello di prezzo.
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L’ingresso è unico e il prezzo di carico coincide con quel punto del grafico.
PAC (Piano di Accumulo di Capitale)
Con PAC, invece, si sceglie di frazionare l’ingresso nel tempo, investendo quote fisse o variabili a intervalli regolari (settimanali, mensili, ecc.). Ad esempio:
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Capitale totale: 10.000 €.
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Si investono, ad esempio, 5.000 € oggi e 5.000 € tra due mesi (o 1.000 € al mese per 10 mesi, ecc.).
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Il risultato è un prezzo medio di carico dato dalla media dei vari punti di acquisto.
Nel PAC, quindi, si ottiene un prezzo medio dei propri acquisti. L’obiettivo implicito è abbassarlo rispetto a un ingresso unico “sfortunato”. Tuttavia, bisogna sempre ricordare un punto cruciale: i mercati finanziari, sul lungo periodo, tendono a salire. Questo cambia completamente la prospettiva.
📊 Analisi sui dati reali: S&P 500, indice italiano e Bitcoin
L’analisi richiamata in questo contenuto prende in esame dati storici concreti (lavoro originario di Paolo Coletti) su diversi mercati, simulando investimenti di durata triennale, dal 1970 in avanti, con finestre che scorrono nel tempo.
Per ogni “finestra” di 3 anni si confrontano i risultati ottenuti investendo con:
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PAC (colonna di sinistra): ingressi scaglionati nel tempo.
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PIC (colonna di destra): tutto il capitale investito subito, all’inizio del periodo.
Si considerano quattro indicatori per ogni mercato:
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Caso peggiore (worst case): periodo di 3 anni in cui si è verificato l’esito peggiore.
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Caso migliore (best case): periodo di 3 anni con il rendimento migliore.
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Media: rendimento medio su tutte le finestre di 3 anni.
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Mediana: rendimento tipico escludendo gli estremi (iper positivi e iper negativi).
Vediamo cosa emerge.
📊 S&P 500: il mercato “classico” che tende a salire
L’S&P 500 è il principale indice azionario americano e uno dei principali riferimenti mondiali. La sua caratteristica storica è una tendenza al rialzo di lungo periodo, con drawdown e crisi intermedie, ma una crescita di fondo.
1️⃣ Caso peggiore (worst case) su 3 anni
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PAC: circa -46%.
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PIC: circa -48%.
Nel caso più sfortunato possibile (si entra vicino ai massimi e il mercato scende a lungo), il PAC perde leggermente meno del PIC: circa 2 punti percentuali in meno. Su 10.000 €, significa perdere 4.600 € invece di 4.800 €. Un “vantaggio” di 200 € nel caso peggiore.
2️⃣ Caso migliore (best case) su 3 anni
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PAC: circa +57%.
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PIC: circa +116%.
Nel caso migliore (si entra sui minimi e il mercato parte forte al rialzo), il PIC raddoppia grosso modo il rendimento del PAC. Con 10.000 €:
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PAC: si arriva a circa 15.700 €.
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PIC: si arriva a circa 21.600 €.
Si rinuncia quindi a molta crescita potenziale scegliendo il PAC.
3️⃣ Media e mediana su tutte le finestre triennali
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Media PAC: circa +14% in 3 anni.
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Media PIC: circa +28% in 3 anni.
La mediana è molto simile alla media, a conferma che non si tratta di un effetto causato solo da pochi casi estremi. Il PIC batte sistematicamente il PAC su questo orizzonte temporale, raddoppiando in media la performance.
Conclusione per
l’S&P 500: il vantaggio del PAC nel ridurre leggermente la perdita nel caso peggiore è minimo, mentre il costo in termini di rinuncia ai guadagni potenziali nel caso normale/positivo è enorme.
📊 Indice italiano: un mercato più debole e laterale
L’indice azionario italiano ha una dinamica storica più debole e più laterale rispetto all’S&P 500. Presenta lunghi periodi di stagnazione e diverse fasi ribassiste, dove in teoria il PAC dovrebbe dare il meglio.
Eppure, i dati mostrano uno schema simile:
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Caso peggiore: il PIC perde un po’ più del PAC (ad esempio, -67% vs -60% circa).
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Caso migliore: il PIC sovraperforma ampiamente il PAC, con un potenziale guadagno quasi doppio o superiore.
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Medie: il PIC ha comunque una performance media e mediana nettamente superiore rispetto al PAC, nonostante la struttura del mercato meno rialzista rispetto agli USA.
Conclusione per l’indice italiano: anche in un mercato più laterale e complesso, il PAC non batte il PIC sul piano matematico. Si riduce leggermente il danno nei periodi molto negativi, ma si sacrifica in modo sproporzionato il potenziale positivo.
⚡ Bitcoin: volatilità estrema, ma stessa conclusione
Bitcoin è l’asset per eccellenza quando si parla di grande volatilità. Nel corso della sua storia ha vissuto rialzi esplosivi e crolli dell’80% o oltre. A livello intuitivo, sembra l’asset perfetto per un PAC, perché “si media in basso” nelle fasi di forte discesa.
L’analisi, però, rivela un quadro chiaro:
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Caso negativo: la perdita nel PIC può essere molto più pesante (ad esempio da -50% vs -63% nelle situazioni peggiori), quindi il PAC attenua meglio il danno quando le cose vanno davvero male.
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Caso positivo e media: il PIC straccia il PAC, anche su Bitcoin. Nel caso medio, il PIC può generare fino a 3 volte i profitti del PAC.
La volatilità gioca infatti su entrambi i lati:
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È vero che aiuta a mediare verso il basso nei crolli.
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Ma amplifica anche le fasi di rialzo, e il PIC cattura al massimo questi movimenti esplosivi, mentre il PAC vi entra con ritardo e a prezzi medi via via più alti.
Conclusione per Bitcoin: il PAC riduce la botta nei crolli più profondi, ma taglia drasticamente il potenziale di rendimento in un asset che, storicamente, ha premiato moltissimo chi era completamente esposto nelle fasi di forte rialzo.
🧮 Perché il PAC perde quasi sempre contro il PIC (quando i mercati salgono)
Il cuore della questione è questo: i mercati in cui ha senso investire tendono, per definizione, a salire nel lungo periodo. Non avrebbe senso costruire un piano di lungo periodo su settori destinati a fallire.
Se un mercato è strutturalmente rialzista (come azioni globali, USA, o anche Bitcoin su orizzonti lunghi):
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Ogni acquisto futuro tenderà a essere fatto a prezzi più alti rispetto ad oggi.
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Un PAC, nel tempo, alza il proprio prezzo medio di carico.
L’errore mentale comune è pensare solo allo scenario in cui:
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Si compra in alto ➝ il prezzo scende ➝ PAC permette di mediare al ribasso.
Ma si trascura lo scenario opposto, che è storicamente molto più frequente:
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Si compra in un punto qualsiasi ➝ il mercato tende a salire ➝ ogni nuovo acquisto è a prezzo più alto.
Nei grafici crescenti si tende a:
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Comprare qui (più basso), poi qui (più alto), poi qui (ancora più alto)…
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Il prezzo medio di carico non scende, ma sale via via che il mercato cresce.
Risultato: in un contesto in cui l’asset scelto ha probabilità elevate di apprezzarsi nel tempo, il PAC “spalma” gli acquisti su prezzi sempre più alti, limitando fortemente i rendimenti. Il PIC, invece, beneficia fin da subito della crescita, mantenendo un prezzo di carico più basso e costante.
🧪 E se si fosse “geniali” nel fare PAC solo sui ribassi?
Una controargomentazione frequente è la seguente:
“Basta fare un PAC intelligente: si compra solo quando il mercato scende del 5%, 10%, 20%… Così si media al ribasso evitando gli acquisti in alto.”
Questa idea introduce il cosiddetto smart PAC o PAC “a gestione attiva”:
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Si compra di più quando il prezzo scende.
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Si compra meno o nulla quando il prezzo sale.
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Si cerca di fare “market timing” con regole automatiche.
Tuttavia, i dati mostrano che:
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Le varianti “intelligenti” del PAC non migliorano i risultati, anzi spesso peggiorano la performance rispetto a un PAC semplice.
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La gestione attiva del PAC, su orizzonti lunghi, è fortemente sconsigliata per chi vuole investire e non fare trading/speculazione.
Perché?
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Perché si torna sempre allo stesso punto: in un mercato tendenzialmente rialzista, i ribassi di breve periodo avvengono comunque a livelli di prezzo sempre più alti nel tempo.
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Inoltre, non è possibile sapere in anticipo se un ribasso è l’inizio di un bear market o solo un piccolo ritracciamento all’interno di un trend fortemente rialzista.
📐 Probabilità: quanto è realistico azzeccare “solo i ribassi”?
Per dare un’idea quantitativa, si può guardare alla storia dei mercati (es. S&P 500 dal 1929 in poi) e misurare:
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Quanti giorni il mercato è stato in ribasso (fasi discendenti).
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Quanti giorni il mercato è stato in salita o laterale.
Esempio di ordine di grandezza (approssimativo, ma concettualmente corretto):
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Giorni totali considerati: ~30.500.
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Giorni in cui il mercato era in fase di ribasso: ~10.800.
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Percentuale di tempo in ribasso: circa il 30%.
Ciò significa che, anche ipotizzando una capacità “sovrumana” di comprare solo quando i prezzi scendono, si avrebbe comunque a che fare con una porzione di tempo relativa (30%) rispetto al totale.
In pratica:
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È estremamente improbabile azzeccare sempre e solo quei momenti.
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Nella realtà, le decisioni verrebbero spesso prese in condizioni di incertezza, con il rischio di restare fuori dal mercato in fasi di forte rialzo.
Conclusione probabilistica: in assenza di capacità di previsione perfetta (che nessuno possiede), la strategia che massimizza matematicamente l’esposizione ai rendimenti attesi di lungo periodo è il PIC: investire tutto e subito.
🛠️ Il ruolo del PAC “intelligente”: quando ha senso e quando no
Si è visto che il cosiddetto smart PAC (es. comprare di più se il prezzo scende del 5–10–20%, o aumentare gli ingressi solo dopo certi segnali) non migliora le performance medie di lungo periodo rispetto al PIC, e spesso nemmeno rispetto a un PAC standard.
Quando può avere senso un approccio di accumulo “dinamico”?
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Quando si parla di trading attivo e non di investimento di lungo periodo.
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Quando si ha un orizzonte breve/medio e si accetta consapevolmente di fare market timing, con tutti i rischi che comporta.
Se l’obiettivo è invece:
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Costruire un patrimonio su orizzonti di anni o decenni.
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Sfruttare la crescita strutturale dei mercati.
Allora la matematica favorisce chiaramente il PIC: investire il capitale disponibile il prima possibile, riducendo al minimo il tempo “fuori dal mercato”.
💡 Quando il PAC è obbligato (e quindi utile)
Tutta l’analisi precedente dà per scontato un elemento fondamentale: la disponibilità immediata del capitale. Ma questa condizione non è sempre vera.
Esistono infatti due situazioni molto diverse:
1️⃣ Chi dispone già di un capitale importante
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Ad esempio: 10.000 €, 50.000 €, 100.000 € derivanti da risparmi, eredità, bonus, liquidazione, vendita di asset, guadagni da cripto, ecc.
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In questo caso, i soldi sono già disponibili oggi.
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La domanda è davvero: metterli tutti subito o spezzettarli nel tempo?
In base ai dati storici e alla matematica della probabilità, la risposta tende a essere: tutto e subito (PIC), se l’orizzonte è lungo e l’asset è di qualità (es. indice azionario globale, S&P 500, portafogli diversificati, ecc.).
2️⃣ Chi investe con reddito periodico (stipendio)
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Qui il capitale non è disponibile subito: arriva mese per mese sotto forma di stipendio o entrate regolari.
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Non è possibile investire 10.000 € quando non si hanno: si può solo investire la quota che si riesce a risparmiare ogni mese.
In questo caso, il PAC non è una scelta tra PAC e PIC, ma un vincolo di realtà:
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Non si può fare PIC perché il capitale complessivo non è ancora stato guadagnato.
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Si investe naturalmente in modalità PAC: ogni mese, una quota del reddito viene destinata agli investimenti.
Conclusione pratica: il PAC diventa lo strumento ideale per chi costruisce il capitale
progressivamente, nel tempo. Il confronto PAC vs PIC ha senso solo se il capitale è già interamente disponibile.
🔑 Sicurezza percepita vs realtà matematica
Perché, nonostante i numeri, così tante persone sentono il PAC come “più sicuro”?
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Effetto psicologico: il PAC dà l’impressione di “entrare gradualmente”, riducendo la paura di sbagliare il timing.
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Avversione alla perdita: perdere subito il 20–30% su un capitale versato in un’unica soluzione è emotivamente molto più doloroso.
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Falsi miti ripetuti: per anni è stato ripetuto che “il PAC vince sempre sul PIC” senza basarsi su analisi storiche approfondite.
La matematica, però, racconta altro:
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Il vantaggio del PAC è perlopiù psicologico (percezione di minor rischio) e lievemente protettivo nel caso peggiore.
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Il costo nascosto è rinunciare, in media, a una parte enorme dei potenziali guadagni nel lungo termine.
In termini puramente matematici e probabilistici, su orizzonti lunghi e mercati storicamente crescenti, il PIC domina il PAC.
🧠 Strumenti di supporto: monitorare PIC, PAC e portafoglio
Per qualunque strategia si scelga (PIC, PAC o una combinazione delle due), diventa fondamentale:
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Tenere traccia dei prezzi medi di carico.
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Monitorare profitti e perdite realizzati e non realizzati.
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Osservare la composizione del portafoglio tra diverse asset class.
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Capire come variano cash flow, risparmi e investimenti nel tempo.
Template e strumenti digitali (come quelli basati su Notion o fogli di calcolo strutturati) possono aiutare a:
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Organizzare le proprie finanze personali.
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Visualizzare l’andamento degli investimenti.
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Evitare decisioni emotive, sostituendole con metriche chiare e aggiornate.
👉 In sintesi:
Mettere a confronto PIC e PAC in modo oggettivo porta a conclusioni nette:
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Se il capitale è già disponibile e si investe in mercati storicamente crescenti (S&P 500, portafogli globali, ecc.), la matematica favorisce il PIC: investire tutto e subito tende a generare rendimenti medi doppi rispetto al PAC.
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Il PAC riduce leggermente le perdite nel caso peggiore, ma questo vantaggio è minimo rispetto alla grande perdita di potenziale nei casi normali e positivi.
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Anche in mercati volatili come Bitcoin, il PIC, in media, batte il PAC, pur con drawdown potenzialmente più pesanti nei casi peggiori.
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Le versioni “smart” del PAC, con tentativi di market timing, non migliorano la situazione: spesso peggiorano i risultati e aumentano la complessità.
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Se il capitale non è disponibile subito ma arriva progressivamente (stipendio), il PAC non è una scelta strategica, ma la naturale modalità operativa con cui si investono i risparmi nel tempo.
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La sensazione che il PAC sia “più sicuro” è in gran parte psicologica: la realtà numerica, su orizzonti lunghi, premia la maggior esposizione anticipata ai mercati.
In conclusione, per chi dispone già di un capitale e ha deciso cosa investire (dopo adeguate valutazioni personali e senza considerare questo testo come consiglio finanziario), la strategia che massimizza storicamente il rendimento atteso è investire tutto e subito. Per chi, invece, costruisce il capitale passo dopo passo, il PAC resta lo strumento naturale, purché sia inserito in un piano coerente e consapevole.
📖 Pic vs Pack: davvero il piano di accumulo è sempre la scelta migliore?
Quando si parla di investimenti di lungo periodo, una delle domande più diffuse è: meglio investire tutto il capitale subito (PIC) oppure meglio il piano di accumulo (PAC), cioè entrare poco alla volta sul mercato, ogni settimana o ogni mese?
L’idea più diffusa è che il PAC sia più sicuro, “media” il prezzo di carico e protegge dalle fasi negative. Tuttavia, l’analisi matematica dei dati storici racconta una storia molto diversa – spesso controintuitiva rispetto al senso comune.
🧠 Definizioni: cosa sono PIC e PAC
PIC – Piano di Investimento di Capitale
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Si dispone di un certo capitale (es. 10.000 €).
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Lo si investe tutto in un’unica soluzione in un determinato momento.
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Che il mercato sia sui massimi o sui minimi, l’investimento avviene comunque “tutto e subito”.
PAC – Piano di Accumulo di Capitale
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Si dispone sempre di 10.000 €, ma li si investe in più tranche (es. 1.000 € al mese per 10 mesi).
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Ogni acquisto avviene a un prezzo diverso.
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Ne risulta un prezzo medio di carico, dato dalla media dei prezzi ai quali si è acquistato.
Il concetto centrale, quindi, è il prezzo medio di carico: la media ponderata dei prezzi a cui si è comprato l’asset. Più è basso, maggiore sarà il guadagno in caso di salita del mercato.
📊 I dati: l’analisi storica sui mercati
L’analisi numerica richiamata nel video si basa su uno studio di Paolo Coletti, che ha preso dati reali dal 1970 ad oggi su diversi mercati:
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S&P 500 – il principale indice azionario USA e benchmark mondiale.
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Indice azionario italiano – più laterale, con lunghe fasi di ribasso.
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Bitcoin – l’asset forse più volatile in assoluto.
Per ogni mercato sono stati considerati investimenti della durata di 3 anni, spostati nel tempo (es. 1970–1973, 1971–1974, 1972–1975, ecc.), confrontando:
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Colonna sinistra: risultati di un PAC.
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Colonna destra: risultati di un PIC.
Per ogni caso sono stati calcolati:
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Scenario peggiore (worst case).
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Scenario migliore (best case).
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Media dei risultati.
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Mediana (che esclude gli estremi troppo positivi o negativi).
📊 S&P 500: il PIC domina sul lungo periodo
Scenario peggiore (partenza sui massimi, 3 anni di discesa)
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PAC: perdita di circa -46%.
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PIC: perdita di circa -48%.
In altre parole, mediando il prezzo il PAC perde solo il 2% in meno rispetto al PIC nello scenario davvero sfortunato.
Scenario migliore (entrata sui minimi, 3 anni di forte rialzo)
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PAC: rendimento circa +57%.
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PIC: rendimento circa +116%.
Qui la differenza è enorme: il PAC rende meno della metà del PIC nel caso positivo.
Media e mediana
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PAC: rendimento medio intorno al +14% in 3 anni.
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PIC: rendimento medio intorno al +28%.
Anche escludendo i casi estremi, il PIC batte sistematicamente il PAC su un indice storico come l’S&P 500.
La sintesi è chiara:
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Nel caso peggiore, il PAC limita le perdite di pochissimo (circa 2%).
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Nel caso migliore, il PAC taglia quasi il 50% dei potenziali guadagni.
📊 Mercato italiano: anche in laterale il PIC resta superiore
Si potrebbe pensare che su un mercato meno direzionale come quello italiano, con più fasi di ribasso e lunghi periodi di lateralità, il PAC possa brillare.
I dati mostrano invece uno schema simile:
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Scenario peggiore: il PIC perde un po’ più del PAC (es. -67% vs -60%, valori indicativi).
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Scenario migliore: il PAC guadagna circa un terzo rispetto al PIC.
In altre parole, si rinuncia a enormi potenziali guadagni per un beneficio marginale sul lato delle perdite peggiori.
📊 Bitcoin: il PAC non “salva” dalla volatilità
Bitcoin è un asset estremamente volatile, con ribassi anche dell’80% o più. L’intuizione comune è che qui il PAC debba per forza essere vincente, perché permetterebbe di “comprare i crolli”.
La realtà dei numeri, anche qui, è diversa:
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Nel caso peggiore, il PAC contiene meglio la perdita rispetto al PIC (es. -50% vs -63% nei casi estremi, numeri indicativi).
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Nel caso medio e migliore, però, il PIC sovraperforma in modo gigantesco, con rendimenti che possono essere anche 2–3 volte maggiori.
Su un asset che nel lungo termine ha avuto forti trend rialzisti, il PAC si “mangia” una parte enorme della performance positiva, proprio perché entra via via a prezzi sempre più alti durante il rialzo.
⚠️ Il punto centrale: la sproporzione tra rischi e benefici
Mettendo insieme tutti gli esempi, emerge uno schema ricorrente:
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Beneficio PAC: nelle condizioni peggiori, limita le perdite di poco rispetto al PIC (pochi punti percentuali).
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Costo PAC: nelle condizioni mediamente o fortemente positive, taglia in modo enorme i guadagni potenziali (fino a dimezzarli o peggio).
In termini di rapporto rischio/beneficio, la matematica è quindi chiara: il PIC è molto più efficiente nella maggior parte degli scenari di lungo termine, almeno sui mercati considerati (azionari ampi e Bitcoin).
🧩 Perché il ragionamento “il PAC media il prezzo, quindi è meglio” è fuorviante
Il fascino del PAC nasce da una logica apparentemente ineccepibile:
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Se il prezzo scende, si compra ancora.
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Il prezzo medio di carico si abbassa.
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Quando il mercato risale, il guadagno dovrebbe essere maggiore rispetto a chi è entrato tutto in alto.
Questo ragionamento però ignora una caratteristica fondamentale dei mercati in cui ha senso investire: sul lungo periodo, tendono a salire.
In un mercato strutturalmente rialzista (come l’S&P 500 sul lungo termine):
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All’inizio il PAC può abbassare il prezzo medio, se ci sono ribassi.
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Ma man mano che gli anni passano, gli acquisti successivi avvengono spesso a prezzi più alti.
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Il risultato è che il prezzo medio di carico sale costantemente con la tendenza di lungo periodo del mercato.
Di conseguenza, qualunque sia il punto di partenza (entro certi limiti temporali), un investimento tutto e subito tende ad avere, alla lunga, un prezzo medio più basso rispetto a chi continua ad accumulare durante la salita.
In sintesi: il PAC smette di essere “mediazione al ribasso” e diventa “acquisto progressivo a prezzi crescenti” in un mercato che nel lungo termine sale.
🎯 E se il PAC fosse usato solo nei ribassi “intelligenti”?
Un’osservazione tipica è: “Basta usare il PAC in modo smart, comprando solo durante i ribassi, non sempre”.
In teoria, lo “smart PAC” sarebbe un piano di accumulo a gestione attiva in cui si decide di:
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Comprare di più se il prezzo scende del 5–10–20%.
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Comprare meno o fermarsi se il prezzo sale troppo in fretta.
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Eventualmente aumentare gli acquisti in presenza di determinate condizioni tecniche.
Il problema è duplice:
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I ribassi avvengono comunque, nel lungo periodo, a prezzi tendenzialmente più alti, perché il mercato nel complesso sale.
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È impossibile sapere con certezza quando un ribasso è “temporaneo” o l’inizio di un lungo periodo negativo.
Su dati storici molto lunghi (es. dal 1929 in poi sugli USA), i giorni di ribasso rispetto al totale risultano circa il 30%: significherebbe, in teoria, riuscire a concentrare gli acquisti solo in quel 30% di tempo “giusto”, cosa irrealistica nella pratica.
Le analisi mostrano inoltre che:
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Le strategie di PAC attivo e market timing non migliorano i risultati medi rispetto al PIC.
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In diversi casi, peggiorano ulteriormente la performance complessiva.
Se si parla di investimento di lungo periodo (non di trading o speculazione a breve termine), i dati premiano nettamente la semplicità del PIC.
🧮 Un altro limite del market timing: l’incertezza strutturale
Guardando i grafici a posteriori, individuare i minimi e i massimi sembra facile. In realtà, vivendo il mercato in tempo reale:
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Ogni nuovo massimo sembra “troppo alto” e dà l’idea che un ribasso sia imminente.
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Ogni ritracciamento sembra il possibile inizio di un grande crollo.
Esaminando cicli passati, spesso:
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Ci si convince di essere sui massimi “definitivi” più e più volte.
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Tuttavia il prezzo continua a salire nel corso degli anni.
Da un punto di vista probabilistico:
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È molto difficile “beccare” sistematicamente il 30% di giorni di ribasso per fare il PAC solo in quei punti.
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È invece molto più probabile perdere fasi importanti di rialzo nell’attesa di un ritracciamento che potrebbe arrivare molto più in alto.
La conclusione logica, basandosi su matematica e probabilità, è che l’investimento tutto e subito massimizza la resa attesa rispetto a qualunque tentativo medio di market timing “amatoriale”.
🛠️ Smart PAC: perché la gestione attiva peggiora i numeri
Lo “smart PAC” viene spesso presentato come una versione “intelligente” del PAC tradizionale:
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Non si compra semplicemente ogni mese, ma si adatta l’importo in base all’andamento del mercato.
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Si compra di più se il prezzo scende, di meno se il prezzo sale troppo in fretta.
Tuttavia, i risultati su dati reali indicano che:
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La complessità aggiunta non porta vantaggi statisticamente rilevanti sulla performance.
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In diversi casi, lo “smart PAC” peggiora i risultati rispetto al PAC semplice e ancor di più rispetto al PIC.
Se l’obiettivo è investire per il lungo periodo (non fare trading), tutte le varianti di “gestione attiva” del PAC risultano meno efficienti del PIC in termini di rapporto rischio/rendimento medio.
💼 E se non si avesse il capitale subito? Il ruolo “obbligato” del PAC
Tutto il ragionamento PIC vs PAC ha senso solo se si è in questa condizione:
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Esiste già un capitale disponibile (es. 5.000 €, 10.000 €, 50.000 €) che si desidera investire.
In molti casi reali, però, la situazione è diversa:
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Si percepisce uno stipendio mensile.
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La capacità di risparmio è periodica (es. 300–500 € al mese).
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Non esiste da subito un “gruzzolo” unico da investire.
In questo caso, il PAC non è una scelta tattica, ma una conseguenza naturale della struttura delle entrate:
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Se il denaro arriva mese per mese, lo si può investire solo mese per mese.
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Non esiste, di fatto, l’alternativa realistica di fare un PIC massiccio all’inizio.
In questi casi, il PAC rimane uno strumento ottimo per creare abitudine, disciplina e costanza, ma non perché matematicamente batta il PIC, bensì perché è l’unico modo pratico per investire in modo sistematico.
🔑 Quando ha senso il PIC (e con quali cautele)
Il PIC diventa particolarmente rilevante quando:
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Si dispone già di una somma significativa (eredità, liquidazione, guadagno straordinario, disinvestimento di altri strumenti).
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Si è deciso, dopo le opportune valutazioni personali, quale quota di quel capitale investire in strumenti di lungo periodo.
In quella situazione, i dati suggeriscono che, matematicamente:
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Se si è convinti della bontà dell’investimento sul lungo termine, investire tutto e subito massimizza la performance attesa rispetto a spezzettare l’ingresso.
Naturalmente, questo tipo di scelta:
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Non è un consiglio finanziario.
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Richiede una valutazione della propria tolleranza al rischio, dell’orizzonte temporale e della diversificazione complessiva.
Tuttavia, dal punto di vista puramente numerico, i dati storici non lasciano spazio all’idea che il PAC renda meglio del PIC su mercati che tendono a crescere nel lungo periodo.
📊 Strumenti pratici per tenere traccia di PIC, PAC e portafoglio
Qualunque sia la modalità scelta (PIC o PAC), una componente fondamentale di una buona gestione è il monitoraggio strutturato degli investimenti:
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Tracciare il prezzo medio di carico per ogni asset.
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Monitorare il valore attuale e le plus/minusvalenze, realizzate e non.
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Verificare come è distribuito il patrimonio tra asset class diverse.
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Tenere sotto controllo il cash flow personale (entrate/uscite) per capire quanto si può destinare agli investimenti.
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Se si fa anche trading, registrare operazioni, rischio/rendimento e andamento dell’equity line.
Per questa parte operativa esistono vari template digitali (ad esempio su Notion) che aiutano a strutturare:
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Budget mensile.
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Registro degli investimenti.
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Diario di trading.
Avere uno strumento chiaro e centralizzato permette di non perdere il controllo sul portafoglio, qualunque sia la strategia d’ingresso scelta.
👉 In sintesi:
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Il PIC (investimento tutto e subito) e il PAC (piano di accumulo) non sono equivalenti: matematicamente il PIC risulta superiore in termini di rendimento atteso su mercati che crescono nel lungo periodo.
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Il PAC riduce leggermente le perdite nello scenario peggiore, ma taglia in modo enorme i guadagni negli scenari normali e positivi.
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Anche su mercati laterali o molto volatili (come Bitcoin), lo schema è simile: leggero vantaggio nelle fasi negative, grossa rinuncia di rendimento nelle fasi positive.
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La logica “il PAC media il prezzo, quindi è meglio” ignora il fatto che i mercati in cui ha senso investire tendono a salire, facendo aumentare nel tempo il prezzo medio di carico.
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Le varianti di “smart PAC” a gestione attiva non migliorano i risultati medi e spesso li peggiorano rispetto al PIC.
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Se si dispone già di un capitale importante e si è deciso di investirlo nel lungo periodo, i dati indicano che investire tutto e subito massimizza la performance attesa (fermo restando che non si tratta di un consiglio finanziario).
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Se invece il capitale arriva mese per mese (stipendio, risparmio periodico), il PAC non è una scelta strategica, ma una necessità pratica e un ottimo strumento di disciplina.
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Qualunque strada si scelga, tracciare in modo ordinato prezzi medi, allocazioni e risultati è essenziale per gestire in modo consapevole il proprio PIC o PAC.