Perché ne parlo oggi
Oggi metto in fila i fatti su MIT, Media Lab e Digital Currency Initiative alla luce di nuove email emerse nelle carte dell’Epstein Estate. Se confermate, queste missive aggiungono un tassello chiave: un collegamento diretto tra fondi veicolati da Jeffrey Epstein, la nascita del DCI nel 2015 e il rapido arrivo di sviluppatori di Bitcoin Core sotto l’ombrello del Media Lab. Parlo in prima persona perché voglio rendere chiaro cosa cambia, cosa resta uguale e perché, da massimalista, vedo in Bitcoin un protocollo resiliente, al netto di chi prova a specularci intorno. 🧭
MIT e Media Lab: il contesto essenziale
Massachusetts Institute of Technology (MIT) è un’università privata di ricerca fondata nel 1861 a Cambridge (Massachusetts). È strutturata in scuole, dipartimenti e molti laboratori, finanziati da fondi pubblici, privati e donazioni. In breve: un ecosistema accademico ampio, dove convive ricerca d’avanguardia su ingegneria, informatica, AI, economia e molto altro. 🎓
Il MIT Media Lab, fondato nel 1985, è il laboratorio interdisciplinare sui media digitali e l’interazione uomo–macchina. Qui, nel 2015, nasce la Digital Currency Initiative (DCI), che diventa il polo interno dedicato a criptovalute, sicurezza delle reti decentralizzate e valute digitali. 🔬
Che cos’è il DCI e cosa fa
La Digital Currency Initiative è un gruppo del Media Lab che dichiara di lavorare per “decentralizzare la fiducia, dare potere agli individui e mettere in discussione le strutture di potere con scambi crittografici peer‑to‑peer”. In pratica: ricerca, sviluppo e sicurezza per protocolli aperti. 🔐
- Ricerca e sviluppo su Bitcoin: il DCI sostiene da anni sviluppatori di Bitcoin Core (tra i nomi citati pubblicamente: A.J. Towns, Marco Falke, Cory Fields, Wladimir van der Laan e altri), contribuendo a performance, usabilità e sicurezza del codice.
- Sicurezza del software: iniziative dedicate come la “Bitcoin Software and Security Effort” (2020–2024) per rafforzare la sicurezza del network e coordinare finanziamenti open‑source.
- CBDC e Project Hamilton: ricerca tecnica con la Boston Fed su un motore di transazioni ad alte prestazioni per una potenziale CBDC statunitense (software rilasciato open source, licenza MIT). 📚
Un punto chiave che ribadisco: non c’è alcun documento ufficiale che dica che il DCI “controlli” il protocollo. Il DCI sostiene sviluppatori open‑source; il codice vive di revisione tra pari, consenso degli utenti e implementazioni indipendenti. 🧩
Le nuove email su Epstein: cosa aggiungono
Nella nuova tranche di documenti resa pubblica a metà novembre 2025, compaiono email del 2015 e del 2019 che, se autentiche, legano in modo più diretto Jeffrey Epstein al decollo della Digital Currency Initiative e alla sua capacità di attrarre sviluppatori di Bitcoin Core. Questo è il pezzo che mancava nei report ufficiali del MIT diffusi nel 2020. 🧩🗂️
25 aprile 2015: “Digital Currency Initiative”
C’è una email datata 25 aprile 2015, oggetto “Digital Currency Initiative”, in cui Joichi (Joi Ito), allora direttore del Media Lab, scrive a Epstein: “Used gift funds to underwrite this which allowed us to move quickly and win this round. Thanks.” Traduzione: “Ho usato fondi‑donazione per finanziare questo, il che ci ha permesso di muoverci velocemente e vincere questo round. Grazie.” Il riferimento è alla nascita del DCI e alla rapidità con cui il Media Lab si è mosso. ⚡

Nello stesso scambio, Ito inoltra un messaggio che racconta il contesto: il crollo della Bitcoin Foundation (che pagava alcuni core dev), il tentativo di vari soggetti di “prendere il controllo” degli sviluppatori, e la mossa rapida del Media Lab per portare dentro tre figure chiave: Gavin Andresen, Wladimir van der Laan, Cory Fields. Ito lo definisce “a big win for us”. Epstein risponde: “gavin is clever.” 🧠

In quei passaggi, sempre secondo le email, Ito sottolinea anche il supporto interno di accademici di peso come Ron Rivest, Simon Johnson, Sandy Pentland, Andy Lippman, evidenziando il sostegno accademico e comunitario all’iniziativa sul digital currency del MIT. Per un centro appena nato, questo endorsement conta molto. 🏛️

Il nesso DCI → Bitcoin Core: cosa cambia davvero
Prima di queste email, i documenti MIT parlavano di donazioni di Epstein al Media Lab (circa 525.000 $) senza indicare il DCI come beneficiario specifico. Con questa corrispondenza, se autentica, compare un collegamento esplicito: fondi‑donazione ringraziati a Epstein, usati per “underwrite” l’operazione e “vincere il round” portando sviluppatori di Bitcoin Core in casa MIT. È un passo in più rispetto al quadro del 2020. 🔎
Detto questo, non confondiamo il finanziamento di persone con il controllo del protocollo. Bitcoin è codice aperto, governa con consenso degli utenti e dei nodi, e nessun laboratorio universitario può “imporre” cambi al network. I dev possono proporre, scrivere, revisionare; la rete decide cosa adottare. Questa è la forza di Bitcoin — e il motivo per cui il resto del mondo crypto, spesso dominato da fondazioni aziendali e venture, resta per me soprattutto speculazione. 🧱⚙️
2019: Leon Black, fondi e donazioni rifiutate
Un’altra email, del febbraio 2019, vede Ito scrivere a Epstein: “We were able to keep the Leon Black money, but the $25K from your foundation is getting bounced by MIT back to ASU”. Epstein risponde: “No problem — Trying to get more Black for you.” Questo conferma un ruolo attivo di Epstein come facilitatore di fondi (anche da Leon Black) verso il Media Lab, mentre una piccola tranche della sua fondazione viene respinta. 💵📬

Le cose che restano vere (fatti consolidati)
- MIT: università privata di ricerca con molti centri semi‑autonomi, fra cui il Media Lab.
- Media Lab: laboratorio interdisciplinare che, tra 2002 e 2017, ha ricevuto parte degli 850.000 $ donati da fondazioni legate a Epstein; gestione definita “problematic” dai report interni.
- DCI: iniziativa nata nel 2015 per sostenere ricerca su Bitcoin, sicurezza, e per finanziare sviluppatori di Bitcoin Core.
- CBDC / Project Hamilton: ricerca tecnica con Boston Fed su un motore di pagamento ad alte prestazioni, codice open source.
- Prima mancava un nesso esplicito Epstein → DCI → Bitcoin Core nei documenti MIT; le nuove email, se autentiche, colmano proprio questo punto.
Questa distinzione tra ciò che era già documentato e ciò che emerge ora è fondamentale per orientarsi con lucidità. 🧠
Implicazioni per chi segue Bitcoin (senza panico)
La lezione, per me, è doppia: 1) il finanziamento di sviluppatori è fisiologico in ogni progetto open‑source complesso; 2) la legittimità tecnica passa da trasparenza, revisione tra pari e consenso della rete. Bitcoin resta neutrale rispetto alle fonti di finanziamento: il codice si adotta se è buono, non perché lo paga qualcuno. Le altcoin? Spesso teatro di pump‑and‑dump e cattura degli incentivi da parte di fondazioni o VC. Le CBDC? Strumenti potenzialmente utili allo Stato, ma centralizzano e amplificano il controllo: non sono un sostituto di Bitcoin. 🔍🧮
Chiedo più trasparenza sui flussi: bilanci granulari del Media Lab, breakdown per iniziativa, regole chiare sui conflitti di interesse, e pubblicazione proattiva dei grant agli sviluppatori. E parallelamente, continuo a supportare finanziamenti indipendenti e trasparenti alla ricerca su Bitcoin, con governance esplicita e auditabile. 💡🤝
Cosa monitoro da qui in avanti
- Ulteriori pubblicazioni della House Oversight sulle email dell’Epstein Estate.
- Eventuali aggiornamenti ufficiali del MIT/Media Lab e del DCI sul tema.
- Dichiarazioni pubbliche degli sviluppatori citati e dei docenti coinvolti.
- Impegni formali del DCI su disclosure dei finanziamenti e governance del rischio reputazionale.
- Conseguenze per la ricerca su Bitcoin Core e per i programmi sulla sicurezza del software.
La sostanza non cambia: separo i fatti documentati dalle interpretazioni, difendo la trasparenza, e valuto l’impatto reale sullo sviluppo di Bitcoin, che resta ancorato al consenso della rete e alla qualità del codice. 🧭🧑💻


