JPMorgan chiude i conti di Jack Mallers: cosa è successo davvero?
Quando ho visto il post di Jack Mallers su X in cui raccontava che JPMorgan Chase aveva chiuso i suoi conti senza spiegazioni, non mi sono sorpreso. Mi sono arrabbiato 😡, ma non sorpreso. Parliamo del ceo di Strike e di 21 Capital, una figura di punta nell’ecosistema Bitcoin, figlio e nipote di una famiglia storica della finanza di Chicago. Non è l’ennesimo “ragazzino cripto” improvvisato: è qualcuno perfettamente integrato nell’establishment finanziario… almeno fino a quando non ha scelto Bitcoin.
Secondo quanto ha scritto lui stesso, la banca lo ha debanked il mese scorso: conti chiusi, rapporti interrotti, e alla domanda “perché?” sempre la stessa risposta: «Non possiamo dirglielo». Una formula che, chi conosce le normative AML/CFT (Anti-Money Laundering / Countering the Financing of Terrorism), sa bene cosa significa: ti puniamo, ma la legge ci protegge dal dovertelo spiegare. 🤖
Una famiglia di banchieri tradizionali… che scopre Bitcoin
Mallers non arriva da fuori sistema, arriva proprio dal cuore della finanza americana. Suo padre, William Mallers Jr., ha co-fondato una delle più grandi società di brokeraggio futures di Chicago ed è stato presidente del Chicago Board of Trade, come suo nonno prima di lui. È stato proprio suo padre a introdurlo a Bitcoin nel 2013, quando un’unità valeva meno di 100 dollari. Da lì Jack ha costruito prodotti che portano Bitcoin nei pagamenti di tutti i giorni, con Strike, e nella gestione del capitale, con 21 Capital. È l’esempio perfetto di come Bitcoin stia creando una nuova aristocrazia finanziaria, alternativa a quella delle grandi banche. 💥
Ed è proprio questo il punto: quando costruisci un’infrastruttura basata su un asset fuori dal controllo bancario, stai mandando un messaggio esistenziale a chi vive di rendite di posizione. E la risposta del sistema, spesso, non è un confronto aperto, ma l’uso delle regole come arma.

AML/CFT, algoritmi e social: come si “costruisce” un rischio su misura
Oggi le banche sono obbligate a fare valutazioni di rischio continuative sui propri clienti in base alle normative AML/CFT. Questo non riguarda solo i flussi finanziari, ma sempre più spesso include analisi automatizzate, supportate da AI che scandagliano il web e i social, alla ricerca di segnali reputazionali o politici che possano essere interpretati come “rischio”. 🧠
Nel caso di Mallers, circola una spiegazione estremamente plausibile: quando lui ha definito Jamie Dimon, ceo di JPMorgan, “il banchiere di Jeffrey Epstein” in un’intervista e sui social, questi sistemi potrebbero aver alzato una bandierina rossa. A questo si aggiunge un dato politico: oggi JPMorgan è al centro di nuove rivelazioni e analisi parlamentari che mostrano quanto a lungo la banca abbia protetto e agevolato le attività di Epstein, con gravi falle di compliance documentate perfino in un memorandum del Senato USA. È uno scenario ad altissima tensione reputazionale. 🔥
In un contesto del genere, è facile che un cliente molto visibile, che associa pubblicamente la banca allo scandalo Epstein e costruisce prodotti centrati su Bitcoin, venga considerato “troppo scomodo”. Le leggi AML/CFT, nate in teoria per combattere terrorismo e riciclaggio, offrono la copertura perfetta: chiudi, segni il dossier come “riservato” e non sei nemmeno autorizzato a spiegare il perché.
Perché non sapremo mai perché Mallers è stato debanked
Qui sta il nodo politico e libertario che mi interessa di più. All’interno dell’attuale regime AML/CFT, rivelare il motivo preciso per cui un cliente è stato classificato come rischioso può essere considerato violazione delle normative sulla segretezza delle segnalazioni sospette. In pratica, la banca può dire solo: «Non possiamo dirglielo». Punto. ⛔
Questo crea una struttura perfetta di plausible deniability: puoi debankare chiunque, in qualunque momento, e nasconderti dietro le leggi. È davvero terrorismo finanziario? O è semplicemente un dissidente politico, un imprenditore Bitcoin o qualcuno che ti ha criticato pubblicamente? Nessuno, al di fuori dei corridoi della banca e dei regolatori, lo saprà mai. E se provi a contestare, ti schianti contro un muro di segretezza legale e algoritmi proprietari.
Per questo dico con convinzione: non sapremo mai ufficialmente perché Jack Mallers è stato debanked. Ma il contesto, la tempistica, il suo ruolo in Bitcoin, e le sue parole contro Dimon e il legame storico di JPMorgan con Epstein rendono la dinamica estremamente chiara a chiunque non voglia far finta di nulla. 🧩
Il caso Epstein, la copertura bancaria e la tempesta politica su JPMorgan
Per capire perché l’etichetta “banchiere di Jeffrey Epstein” è così esplosiva per JPMorgan nel 2025, bisogna guardare a cosa sta emergendo in queste settimane. Nuovi documenti di tribunale, inchieste giornalistiche e perfino un’analisi del Senato stanno evidenziando come JPMorgan abbia mantenuto un rapporto privilegiato con Epstein per quasi 15 anni, chiudendo un occhio su transazioni che, oggi, la stessa banca riconosce come sospette per oltre 1 miliardo di dollari. 🧾
I numeri sono ancora più gravi se si confrontano gli anni: mentre Epstein era vivo, la banca ha segnalato al Tesoro americano solo una minima parte delle sue operazioni; dopo la sua morte, le Suspicious Activity Reports retroattive sono esplose, coprendo migliaia di transazioni passate. È il classico copione della finanza tradizionale: quando il gioco rischia di saltare, si ricostruisce una narrativa di “diligenza tardiva” a uso dei regolatori.
Nel frattempo, il Congresso ha appena approvato una legge per imporre la divulgazione pubblica dei dossier Epstein detenuti dal Dipartimento di Giustizia. E parallelamente, altri dossier basati su archivi bancari e documenti interni di JPMorgan stanno uscendo allo scoperto. In questo clima, chiunque rilanci pubblicamente il legame Dimon–Epstein va automaticamente controcorrente rispetto alla macchina di PR della banca. E se quella persona gestisce infrastruttura Bitcoin che mina il potere della banca stessa, puoi immaginare quanto sia comodo avere a disposizione un’arma discrezionale come il debanking “per motivi di compliance”.
Il fronte Strategy (MicroStrategy) e il ruolo di JPMorgan negli indici
Parallelamente al caso Mallers, c’è un altro fronte che racconta bene come finanza tradizionale e Bitcoin stiano andando allo scontro aperto: la posizione di Strategy (l’azienda di Michael Saylor, che molti conoscono come MicroStrategy) negli indici azionari. Strategy detiene oggi circa 649.000 Bitcoin, la più grande posizione corporate al mondo, e dal 2020 in poi ha costruito la propria strategia di tesoreria usando Bitcoin come capitale produttivo. 💼
Negli ultimi mesi alcuni analisti di JPMorgan hanno messo nero su bianco uno scenario molto chiaro: se MSCI e altri provider di indici decidessero di classificare Strategy non come azienda operativa ma come una sorta di “fondo Bitcoin”, potrebbe essere esclusa da diversi indici azionari. Questo costringerebbe i fondi a gestione passiva, che replicano quegli indici, a vendere in massa le azioni Strategy. Le stime parlano di miliardi di dollari di deflussi potenziali dal titolo se più indici seguissero questa strada. 📉
Venerdì 21, in coincidenza con un forte calo del mercato cripto, molti bitcoiner hanno notato che proprio in quei giorni è tornata alla ribalta una nota di JPMorgan, originariamente pubblicata il 10 ottobre, che segnalava il rischio di esclusione di Strategy dagli indici MSCI. Il sospetto diffuso è semplice: rilanciare pubblicamente certe analisi nei momenti di massima debolezza del mercato non è neutrale, contribuisce ad amplificare il panico e le vendite forzate.
Saylor: “Non siamo un fondo, siamo un’azienda che usa Bitcoin come tesoreria”
Michael Saylor ha risposto in modo diretto alle ipotesi dei provider di indici e alle analisi di JPMorgan: Strategy, dice, non è un fondo, non è un trust, non è una holding passiva. È un’azienda con un business software da centinaia di milioni di dollari di ricavi, che ha scelto una strategia di tesoreria non convenzionale, basata su Bitcoin come riserva di valore a lungo termine. ⚡
La distinzione è cruciale. Una holding si limita a possedere asset; Strategy invece sviluppa, vende e mantiene prodotti software, e nel frattempo utilizza Bitcoin come collaterale e come asset principale di bilancio. Classificarla come “fondo” servirebbe solo a una cosa: disinnescare uno dei veicoli più efficaci che il mercato tradizionale abbia oggi per esporsi a Bitcoin attraverso il canale azionario. Non è un dettaglio tecnico, è un campo di battaglia politico-finanziario.
Il boicottaggio: “Divest from JPMorgan”
In risposta sia al caso Mallers che all’atteggiamento percepito come ostile verso Strategy e Bitcoin in generale, su X si sta muovendo un’ondata di boicottaggio contro JPMorgan. Molti bitcoiner stanno invitando esplicitamente a chiudere i conti presso la banca e a non usare le sue carte. 🧨
Una delle figure più visibili è Grant Cardone, investitore immobiliare e gestore di fondi con oltre 5 miliardi di dollari in gestione, che ha annunciato di aver chiuso i propri conti in JPMorgan e spostato tutto su Wells Fargo. Non solo: ha dichiarato di usare il cash flow dei suoi immobili per comprare Bitcoin, e proprio nel giorno del crollo del mercato ha sfruttato la discesa dei prezzi per acquistare 185 Bitcoin in una singola operazione. Per chi, come me, guarda al mondo con occhi bitcoiniani, è esattamente così che ci si comporta davanti alla volatilità: si accumula l’unico asset veramente scarso che esista. 💎
Questa dinamica “chiudi il conto nella banca che attacca Bitcoin e compra più Bitcoin” non è solo un atto simbolico. È una forma embrionale di guerra di uscita dal sistema bancario tradizionale, resa possibile proprio dalla natura senza permessi di Bitcoin: puoi spostare la tua ricchezza fuori dal perimetro delle banche che possono chiuderti la porta in faccia da un giorno all’altro.
Perché il problema non è JPMorgan, ma il Bank Secrecy Act
Sarebbe comodo ridurre tutto a “JPMorgan cattiva, le altre banche buone”. Io non ci casco. Il nodo vero è che il sistema giuridico, con leggi come il Bank Secrecy Act, permette e incentiva questo tipo di comportamento. 😑
Le normative nate per contrastare terrorismo e riciclaggio sono diventate la base legale per un controllo capillare dei flussi finanziari, dove ogni pagamento è profilato, ogni cliente è punteggiato, e la decisione di “disconnettere” qualcuno dal sistema dei pagamenti può essere presa senza trasparenza, senza contraddittorio e senza obbligo di motivazione verso l’interessato. È un potere enorme, e quando incrocia interessi politici, scandali reputazionali e avversione verso Bitcoin, il rischio di abuso diventa strutturale, non episodico.
Per questo dico che episodi come quello di Mallers non finiranno finché non metteremo in discussione l’impianto normativo che li rende possibili. Non basta cambiare banca, bisogna cambiare architettura del denaro. Bitcoin fa proprio questo: sposta il livello di fiducia dal potere discrezionale di banche e governi a un protocollo aperto, verificabile e resistente alla censura.

Bitcoin come via di fuga dal credito politico
Alla fine, il caso Jack Mallers è un caso di credito politico. Non ti giudicano solo per il rischio di credito o di mercato, ma per il tuo allineamento narrativo. Se usi Bitcoin per costruire infrastruttura, se critichi pubblicamente la banca e il suo ceo per il passato con Epstein, diventi un rischio “reputazionale” da neutralizzare. 🧱
Io vedo questa storia come una lezione molto chiara: se la tua vita finanziaria dipende interamente dal sistema bancario tradizionale, non sei mai davvero proprietario dei tuoi soldi, sei un utente in affitto di una infrastruttura che può espellerti quando cambia il vento politico o reputazionale. Bitcoin ti offre, per la prima volta nella storia moderna, la possibilità di tenere una parte significativa del tuo patrimonio fuori da questa logica di permesso, verificabile crittograficamente e non revocabile da nessuna banca.
Non sto dicendo che domani tutti debbano chiudere i conti correnti. Sto dicendo che ogni caso di debanking arbitrario, ogni scandalo di collusione tra grandi banche e criminali di alto profilo, ogni tentativo di colpire aziende come Strategy attraverso la manipolazione degli indici, ci ricorda perché Bitcoin esiste. E perché continuerò a raccontare queste storie in prima persona: perché chi oggi si sente al sicuro nel perimetro bancario, domani potrebbe scoprire di essere solo un’altra voce in un algoritmo AML che ha deciso che è diventato indesiderabile. 🔒



