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Tether sotto attacco: cosa c’è davvero dietro il declassamento di S&P e quanto è solida la più grande stablecoin

Tempo di lettura: 9 minuti

Perché tutti parlano di Tether e del report di Standard & Poor’s

O c’è ignoranza o c’è malafede. E quando si parla di Tether, la più grande stablecoin al mondo, queste due cose rischiano di confondersi pericolosamente 😅.

Negli ultimi giorni un report di Standard & Poor’s (una delle principali agenzie di rating americane) ha declassato Tether da “debole” a “rischiosa”. Il messaggio, raccontato dai media, è chiaro: Tether potrebbe non essere in grado di mantenere la parità con il dollaro a causa delle sue riserve in Bitcoin e oro. Tradotto: “Attenzione, USDT è pericolosa, il peg potrebbe saltare”. 😨

Per chi ha vissuto il 2022 e il crollo di UST (la stablecoin algoritmica di Terra Luna), sentir parlare di “rischio sul peg” fa scattare subito il campanello d’allarme. Allora un progetto enorme, ma comunque molto più piccolo di Tether, è imploso e ha trascinato con sé l’intero mercato: Bitcoin è crollato, le altcoin sono andate nel panico e buona parte del mondo crypto è finita nel caos.

La domanda quindi è legittima: se crollasse Tether, cosa succederebbe? E soprattutto: il report di S&P ha senso o è solo FUD utile a far paura e muovere il mercato per consentire a qualcuno di comprare a sconto? 🤔

Chi è Standard & Poor’s e perché la sua credibilità è in discussione

Prima di parlare di Tether, è utile capire chi sta puntando il dito. Standard & Poor’s (spesso abbreviata in S&P) è una delle tre grandi agenzie di rating americane. Il loro lavoro è esprimere giudizi sul rischio di strumenti finanziari, aziende, stati, banche, obbligazioni. In teoria dovrebbero essere i “professori” che danno i voti alla solidità finanziaria del mondo 🌍.

Il problema? Nel 2008, durante la crisi dei mutui subprime, le stesse agenzie che oggi definiscono Tether “rischiosa” assegnavano voti tripla A (il massimo livello di affidabilità) a prodotti tossici come i Mortgage-Backed Securities legati ai mutui spazzatura. Prodotti che hanno contribuito a far collassare Lehman Brothers e a scatenare la crisi finanziaria globale 💣.

Quindi, quando oggi queste stesse realtà – che in passato hanno promosso come “solidissimi” strumenti rivelatisi disastrosi – ci dicono che Tether è troppo rischiosa perché ha Bitcoin e oro in riserva, è doveroso farsi qualche domanda. A pensar male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca 😉.

Come funziona Tether: stablecoin, riserve e peg con il dollaro

Partiamo dalle basi. Tether (USDT) è una stablecoin: un token emesso da un’azienda privata (Tether) che punta a mantenere il valore di 1 USDT ≈ 1 dollaro. L’idea è semplice: per ogni USDT emesso, Tether dichiara di detenere un controvalore in asset di riserva (cash, titoli di stato, oro, Bitcoin e altro).

Nel tempo USDT è diventata l’ossatura del mercato crypto: è il principale strumento di scambio e liquidità sulle piattaforme centralizzate, è usato nel trading, nel lending, nelle DeFi centralizzate, negli scambi OTC. In pratica, senza Tether oggi buona parte del mercato crypto funzionerebbe molto peggio ⚙️.

Proprio per questo, parlare di un suo possibile crollo è come parlare di un terremoto sistemico. Se salta una stablecoin gigantesca, salta il ponte di collegamento fra dollaro e mondo crypto. I prezzi possono crollare a catena. Ecco perché ogni notizia sul suo stato di salute viene amplificata dai media 📢.

Cosa contesta Standard & Poor’s: il “problema” di Bitcoin e oro

Il cuore dell’attacco di S&P è questo: una parte delle riserve di Tether è detenuta in Bitcoin e oro. Secondo il report:

  • Bitcoin rappresenterebbe circa il 5,6% del totale degli USDT in circolazione;
  • Tether avrebbe accumulato circa 116 tonnellate d’oro come parte delle sue riserve;
  • Questi asset vengono considerati da S&P come ad alto rischio per via della loro volatilità.

Da qui la conclusione: se Bitcoin e oro dovessero subire un forte crollo, Tether non riuscirebbe più a ripagare gli investitori mantenendo 1 USDT = 1 dollaro. Una tesi che, detta così, fa paura e sembra anche ragionevole… finché non si guardano i numeri per intero 📊.

Cosa dicono davvero i numeri sulle riserve di Tether

La cosa paradossale è che molte informazioni usate nel dibattito su Tether sono pubbliche e consultabili da chiunque sul sito ufficiale. Non serve essere esperti di finanza: basta uno sguardo ai bilanci o, volendo, persino dare l’immagine dei prospetti in pasto a un’intelligenza artificiale e chiedere di spiegare la situazione di solvibilità 🤖.

Dai dati disponibili emerge che Tether ha:

  • circa 174 miliardi di dollari di passività (liabilities), cioè USDT in circolazione che deve teoricamente poter riscattare;
  • queste passività sono coperte per circa il 77,23% da cash e cash equivalents, in particolare titoli di stato americani e obbligazioni a brevissima durata;
  • la parte restante è composta da altre attività, fra cui oro, Bitcoin e investimenti vari.

In sostanza, quasi l’80% delle riserve di Tether è in strumenti considerati ultra-sicuri dal sistema tradizionale, cioè debito americano e strumenti a liquidità immediata. È lo stesso tipo di asset che viene esaltato come “sicuro” quando si trova nei bilanci delle banche o nei fondi monetari. Quando lo compra Tether improvvisamente diventa un problema? 🤨

L’oro e Bitcoin, sommati, rappresentano circa il 12,57% delle riserve, ma qui c’è un punto decisivo che spesso viene ignorato: Tether ha accumulato negli anni un enorme margine di profitto e patrimonio netto, che funge da cuscinetto contro eventuali oscillazioni di questi asset.

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Il “glitch dei soldi infiniti”: come Tether fa profitti sui tassi americani

Per capire la solidità di Tether bisogna capire anche come guadagna 💵. Il modello è tanto semplice quanto potente:

  • gli utenti depositano dollari (o equivalenti) e ricevono USDT;
  • Tether usa gran parte di questi fondi per comprare titoli di stato USA e altri strumenti a basso rischio che oggi rendono circa il 4–5% annuo;
  • agli utenti non viene riconosciuto alcun interesse per detenere USDT;
  • la differenza fra interessi incassati e costi operativi diventa profitto netto per Tether.

Questo ha portato Tether ad accumulare:

  • circa 6,77 miliardi di dollari di utile netto (net profit);
  • oltre 23 miliardi di dollari di utili non distribuiti, cioè profitti trattenuti in azienda.

Significa che, oltre a coprire integralmente gli USDT in circolazione con vari tipi di asset, Tether dispone di un cuscinetto di capitale proprio nell’ordine di decine di miliardi. Questo è il punto cruciale che molti commenti superficiali ignorano completamente 🔍.

Scenario estremo: se Bitcoin andasse a zero e l’oro crollasse del 50%

Per capire quanto sia sensato parlare di “insolvibilità” a causa delle riserve in Bitcoin e oro, immaginiamo uno scenario del tutto estremo (e a dir poco irreale):

  • Bitcoin va letteralmente a zero 💥;
  • l’oro perde il 50% del suo valore.

In questa ipotesi, la perdita potenziale stimata per Tether sarebbe nell’ordine di 22 miliardi di dollari. Un numero enorme, certo. Ma va confrontato con:

  • gli utili netti accumulati (circa 6,77 miliardi);
  • gli utili non distribuiti (oltre 23 miliardi);
  • gli altri investimenti e asset che Tether possiede fuori dal perimetro strettamente legato alle riserve della stablecoin.

In pratica, anche in uno scenario catastrofico (Bitcoin a zero + oro dimezzato), Tether avrebbe comunque margine più che sufficiente per assorbire l’impatto, coprendo il “buco” con i propri mezzi. Stiamo parlando di un’ipotesi talmente estrema che, se si verificasse davvero, il problema principale del mondo non sarebbe certo Tether… ma il fatto che l’intero sistema finanziario globale sarebbe nel caos 🔥.

Alla luce di questo, l’affermazione “Tether rischia di non ripagare gli investitori perché ha troppo oro e Bitcoin” non regge alla prova dei numeri. È più una frase da titolo acchiappaclick che una valutazione seria di rischio 📉.

Gli investimenti di Tether: non solo stablecoin, ma conglomerato globale

Un aspetto spesso ignorato è che Tether non è solo una società che stampa una stablecoin. È diventata una sorta di conglomerato globale di investimenti, con interessi in vari settori ad alta crescita 🚀.

Tra i principali filoni di investimento attribuiti a Tether troviamo:

  • Intelligenza artificiale (es. investimenti in realtà come Northern Data e nella creazione di nuove infrastrutture AI);
  • Mining di Bitcoin (Bitdeer, Volcano Energy e altri progetti energetici legati al mining);
  • Terreni e agricoltura (investimenti in società come Adecoagro);
  • Tecnologie neurali e chip (progetti come Blackrock Neurotech);
  • Stablecoin regionali e infrastrutture finanziarie per l’Europa e altri mercati.

Questo non significa che tutto sia perfetto o trasparente al 100% – anzi, il tema della trasparenza di Tether rimane aperto e discusso da anni. Ma di certo non stiamo parlando di una realtà improvvisata che vive alla giornata: è un grande player con molti interessi, molti profitti e una rete di relazioni profonde con il sistema finanziario tradizionale 🧩.

La rete con l’alta finanza USA: Cantor Fitzgerald, SoftBank e 21.co

Per capire perché è ingenuo pensare a Tether come a un’entità “oscura e isolata” occorre guardare alle relazioni con l’alta finanza americana 🇺🇸.

A occuparsi dell’acquisto e della gestione dei titoli di stato americani per conto di Tether è Howard Lutnick, figura chiave del mondo finanziario USA. Lutnick è stato CEO e presidente di Cantor Fitzgerald, una delle più importanti società di brokeraggio e servizi finanziari, ed è vicino ai vertici politici ed economici statunitensi.

Cantor Fitzgerald è proprio la società che, in pratica, gestisce parte della liquidità e delle riserve di Tether. Non solo: Tether si è alleata con Cantor Fitzgerald e SoftBank in progetti che, nel mondo Bitcoin, vengono visti come una sorta di “MicroStrategy 2.0” tramite realtà come 21.co e figure come Jack Mallers. Sono partnership che mostrano quanto Tether sia ormai intrecciata con il sistema finanziario globale, non un corpo estraneo ai margini 🌐.

Tether come strumento di potere geopolitico: esportare il dollaro nel mondo

C’è un altro punto spesso sottovalutato: Tether è una macchina perfetta per esportare il dollaro nel mondo. In molti Paesi in via di sviluppo o con valute deboli, USDT è diventato di fatto un surrogato del dollaro più facile da ottenere rispetto ai contanti o ai conti bancari in USD 💵.

Dal punto di vista delle istituzioni americane, questo non è necessariamente un male: Tether compra enormi quantità di debito USA, sostiene la domanda per i titoli di stato e, contemporaneamente, diffonde l’uso del dollaro come valuta di riferimento nelle economie emergenti. È una forma di soft power finanziario molto conveniente per Washington.

Il Genius Act e più in generale la nuova regolamentazione sulle stablecoin puntano proprio a incanalare questi flussi in modo da mantenere il controllo sul sistema. Il messaggio implicito può essere letto così: “Tether, tu puoi operare tranquilla nel nostro sistema se continui a comprare il nostro debito e giochi secondo le nostre regole”. Se però Tether inizia a spostare troppe riserve verso oro e Bitcoin, asset decentralizzati e difficilmente controllabili, ecco che parte la pressione politica e mediatica ⚖️.

USDT, USAT e il nodo normativo

Proprio per rispondere alle pressioni regolatorie e fiscali, Tether starebbe lavorando anche su nuove strutture di stablecoin più “regolamentate” e compatibili con le richieste americane, come la nuova USAT. L’idea è creare strumenti che possano convivere con il quadro normativo senza rinunciare completamente alla flessibilità operativa.

Da un lato, questo significa che Tether ha la strada spianata per continuare a giocare un ruolo chiave nel sistema dollaro. Dall’altro, implica possibili rischi fiscali e legali se non dovesse adeguarsi in modo sufficientemente rapido alle richieste di Washington. Ed è in questo contesto che un report come quello di S&P può essere letto anche come una sorta di messaggio politico, oltre che finanziario 🏛️.

Tether è sicura o no? Tra FUD mediatico e rischi reali

A questo punto è importante mettere ordine fra paure esagerate e rischi concreti 🔎.

Cosa sembra emergere dai numeri e dai fatti:

  • Sulla solvibilità, ad oggi, Tether appare estremamente profittevole e ben coperta, anche considerando la porzione di riserve in oro e Bitcoin;
  • le riserve in oro e Bitcoin, presentate come minaccia da S&P, in realtà sono coperte da un massiccio cuscinetto di capitale proprio e utili non distribuiti;
  • Tether non è l’azienda più trasparente del pianeta, ma non è neanche un’entità “oscura” che vive nel buio per rubare i soldi a tutti: pubblica report, si sottopone a revisioni esterne, costruisce partnership con attori di alto livello;
  • il vero rischio non è tanto la matematica delle riserve, quanto la politica: Tether potrebbe prima o poi pestare i piedi all’istituzione sbagliata e trovarsi sotto attacco regolatorio coordinato;
  • se questo dovesse accadere, il colpo si rifletterebbe in modo violento su Bitcoin e su tutto il mercato crypto, con forti correzioni di prezzo e possibili ondate di panico.

In sintesi: il problema non è che Tether non abbia abbastanza riserve, ma che il suo ruolo di ponte fra dollaro, debito USA e mondo crypto la rende un giocatore strategico, quindi esposto a pressioni e attacchi. E i media tradizionali, spesso, invece di fare vera analisi si limitano a sparare titoli allarmistici per catturare qualche click in più 😑.

Cosa può imparare un Bitcoiner da questa vicenda

Per chi è nuovo nel mondo Bitcoin, la lezione è doppia 📚:

  • Diffidare del FUD: quando esce una notizia allarmante, soprattutto se riguarda attori sistemici come Tether, è fondamentale andare alle fonti, guardare i numeri, non fermarsi ai titoli;
  • Ricordare che le stablecoin non sono Bitcoin: sono strumenti utili per fare trading e muoversi negli exchange, ma restano debiti di un’azienda privata. Bitcoin invece è un asset senza controparte, non il credito di nessuno;
  • Accettare che la politica conta: in un mondo dove Tether compra debito USA e diffonde il dollaro, è inevitabile che la sua esistenza sia intrecciata a equilibri geopolitici, regolatori e finanziari;
  • Prepararsi agli shock: anche se oggi i numeri di Tether sembrano solidi, non si può escludere uno scontro futuro con le istituzioni. In quel caso, Bitcoin e tutto il mercato crypto subirebbero un’ondata di volatilità enorme. Gestire il rischio significa non farsi sorprendere da questi scenari;
  • Restare focalizzati sui fondamentali: a prescindere da Tether, la tesi di lungo periodo di Bitcoin resta legata alla sua natura di denaro scarso, incensurabile e globale, non alle dinamiche di una singola azienda.

Conclusione: Tether non è il “mostro” dipinto dai media, ma va tenuta d’occhio

Alla fine, il quadro è questo:

  • Tether oggi è una delle aziende più profittevoli al mondo, con margini enormi generati sugli interessi del debito USA;
  • la presenza di Bitcoin e oro in bilancio non indebolisce la solvibilità, anzi, nel lungo periodo potrebbe rafforzarne la resilienza contro l’inflazione monetaria e i rischi del solo debito sovrano;
  • le critiche superficiali che ignorano il capitale proprio, gli utili e la composizione globale delle riserve sono più propaganda che analisi finanziaria;
  • il vero punto di attenzione non è tanto “Tether fallirà domani”, quanto: “cosa succede se un giorno le istituzioni decidono di tagliarle le gambe?”.

Fino a prova contraria, Tether non ha problemi a ripagare gli investitori, anche ipotizzando scenari estremi sui prezzi di oro e Bitcoin. Ma per chi vive in Bitcoin, il consiglio resta sempre lo stesso: usare Tether come strumento, non come cassaforte di lungo periodo. La riserva a prova di controparte, nel tempo, resta una sola 🧡.