Bitcoin tra neutralità e controllo: la nuova polemica sui blocchi miniaturizzati
Nel mondo di Bitcoin, ogni innovazione o cambiamento porta con sé accese discussioni. Negli ultimi mesi, una nuova battaglia ha infiammato la comunità: il tentativo di limitare l’uso “improprio” della blockchain da parte di contenuti come immagini, NFT e dati arbitrari. A far discutere, più di tutto, è la proposta estrema di alcuni sviluppatori: ridurre i blocchi fino a soli 283 byte, una provocazione che ha fatto scalpore soprattutto su Twitter/X 😮.
Il motivo? Escludere in modo definitivo contenuti come i JPEG, che rappresentano per alcuni un vero e proprio spam digitale. Il meme circolato tra gli sviluppatori racchiude il paradosso: il più piccolo JPEG possibile pesa circa 107 byte. Se si aggiungono i 176 byte minimi richiesti per costruire un blocco funzionante (header, conteggio transazioni e coinbase), si arriva proprio a 283 byte. Riducendo la dimensione a questa soglia, ogni contenuto visivo verrebbe automaticamente escluso.
Core vs Knots: la frattura filosofica
Questa disputa tecnica rientra in uno scontro più ampio tra due visioni opposte incarnate da due implementazioni: Bitcoin Core e Bitcoin Knots. Core, il client più utilizzato, rappresenta la linea pragmatica. Non discrimina le transazioni purché rispettino le regole di consenso, lasciando che siano le fee di mercato a decidere cosa entra nei blocchi.
Bitcoin Knots, mantenuto da Luke Dashjr, è invece molto più restrittivo. In particolare, cerca di bloccare pratiche come le iscrizioni (inscriptions) e gli ordinals che inseriscono nel blocco dati estranei ai pagamenti. Secondo questa linea, la blockchain va protetta da contenuti “inutili” o addirittura dannosi — una posizione che ricorda una visione curatoriale piuttosto che neutrale.
I precedenti: la guerra della blocksize
Il tema della dimensione dei blocchi non è nuovo. Tra il 2015 e il 2017, si combatté la cosiddetta Blocksize War, una disputa su come scalare Bitcoin. Alla fine, prevalse la fazione dei “piccoli blocchi”, che mantenne il limite ridotto (oggi tecnicamente calcolato in weight units fino a ~4 MB) grazie all’introduzione di SegWit.
Oggi si propone il contrario: ridurre drasticamente i blocchi per evitare che dati pesanti come immagini e NFT trovino spazio nella blockchain pubblica. Ma qual è il prezzo? Un throughput minimo e un Bitcoin che rischia di diventare inutilizzabile persino per i semplici pagamenti 🔒.
Un nodo politico, non solo tecnico
La domanda non è solo se sia tecnicamente fattibile ridurre i blocchi a 283 byte, ma se sia giusto farlo. Bitcoin deve restare neutrale o essere controllato per proteggere il suo uso previsto? Il team Core difende la neutralità: non è compito del protocollo distinguere usi buoni o cattivi, basta che le transazioni siano valide.
Knots, al contrario, vuole “purificare” l’uso della rete, impedendo che si trasformi in qualcosa di diverso da un sistema finanziario decentralizzato. Ma ogni decisione censoriale apre la porta a futuri interventi soggettivi. Una volta che si vietano i JPEG, cosa impedirà di etichettare come spam anche altri strumenti legittimi, come CoinJoin o smart contract sulla rete Lightning?
Il rischio di uno scisma
Ridurre i blocchi a 283 byte è ovviamente una provocazione, ma serve a mettere in luce una tensione profonda. Qual è il ruolo di Bitcoin nella società? Questa domanda divide radicalmente la community. E se due implementazioni come Core e Knots dovessero divergere al punto da diventare incompatibili, potremmo assistere a un nuovo fork della rete. È già successo in passato con Bitcoin Cash. Potrebbe succedere di nuovo 🔮.